Avvenire: «Il matrimonio dei gay è sterile»


Nell'editoriale di oggi di Avvenire, il giurista Francesco D'Agostino scrive che le coppie gay non possono avere figli naturali e, in virtù di questo, piuttosto che «riconoscere il matrimonio gay, naturalmente sterile, la società dovrebbe operare per un efficace sostegno delle famiglie (e in particolare di quelle numerose) e dovrebbe supportare, cosa che fa solo in minima parte, l'impegno delle famiglie a favore dei minori, dei malati, degli anziani». Il tutto, perlomeno in base a quanto dichiara lui nell'articolo, da un punto di vista «laico» e non «confessionale».
Poi, riguardo alla posizione della Santa Sede sulla questione, aggiunge: «Difendendo il matrimonio eterosessuale, la Chiesa difende non un dogma di fede o un principio della propria dottrina, ma una dimensione del bene umano oggettivo [...] Il matrimonio eterosessuale non è un'invenzione della Chiesa; è un istituto giuridico, finalizzato a garantire l'ordine delle generazioni, riscontrabile in tutte le culture e in tutti i tempi».
Inoltre, prosegue l'articolo, «la funzione del matrimonio è proprio quella di porre un rigoroso ordine sociale nella procreazione, a garanzia delle nuove generazioni [...] La vera posta in gioco, quando si dibatte sul matrimonio gay, è simbolica, non è giuridica né sociale; i suoi fautori vorrebbero che il diritto riconoscesse situazioni affettive, di cui nessuno vuole negare l'autenticità "privata", ma che non hanno però in sé e per sé, alcun rilievo "pubblico"».
Quello su cui il quotidiano dei vescovi sorvola, però, sono le implicazioni di una simile teoria: se per assurdo un matrimonio fosse tale solo in presenza di prole, perché mai lo si dovrebbe permettere alle coppie sterili (impossibilitati a procreare naturalmente esattamente come le coppie gay)? Ed ancora, se l'interesse della società fosse solo quello di procreare (tanto poi ci penserà la mancanza di risorse naturali a sterminare la parte della popolazione in eccesso) perché mai una coppia etero priva di figli dovrebbe costituire una famiglia e beneficiare di diritti?
O forse il problema non è quello e la sbandierata "laicità" del discorso non è altro che un tentativo di prevenire eventuali accuse di ingerenza religiosa nei confronti delle politiche sociali di uno stato laico.
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