Intervista ad Antonio Back, sceneggiatore di Tris


Pochi giorni fa ci siamo occupati di "Tris, Tre tipi travolgenti", una divertente web serie che racconta le vicende di tre amici gay. A poche ore dall'uscita del secondo episodio (che è possibile gustarsi qui) abbiamo intervistato il suo sceneggiatore ed ideatore, Antonio Back.

Ci racconti qualcosa di te?
Vengo da Roma, ed è la prima volta che mi cimento nella sceneggiatura e nella produzione. Naturalmente non mi reputo uno sceneggiatore, o un produttore o chissà cosa, se non un semplice ragazzo con una vena creativa che si è rimboccato le maniche e l'ha messa in pratica.

Com'è nata l'idea di "Tris"?
Avevo sempre desiderato scrivere, ma volevo fare qualcosa anche di socialmente utile. Per cui ho pensato che sarebbe stato bene raccontare la vita di tre personaggi giovani, positivi, nonostante/grazie a tutti i loro difetti, che fossero anche gay. Questo per trasmettere un messaggio di uguaglianza, di cui secondo me c'è molto bisogno in Italia.

Quanto tempo hai impiegato per realizzarla e per trovare i fondi necessari alla sua produzione?
#Tris è tutto a budget zero. Nessuno è retribuito, dagli attori, alla truccatrice, passando per la regista e il fonico. Avevamo provato a cercare pecunia tramite una raccolta fondi online ma non ebbe successo (ebbe però un riscontro di pubblico positivo). Speriamo magari che questa prima stagione porti a qualcosa.

Com'è funzionato il reclutamento di attori e di staff tecnico?
Per gli attori abbiamo effettuato veri e propri provini, contattando anche agenzie, ma soprattutto creando un passaparola non indifferente. Più o meno la stessa cosa abbiamo fatto per lo staff tecnico. Diciamo che siamo stati fortunati a trovare, nella quasi totalità dei casi, persone estremamente disponibili e umili. È un'esperienza che mi ha arricchito molto dal punto di vista umano.

Cosa intendi dire quando affermi che la serie è "etero-friendly"?
È una battuta. Diciamo che gli spettatori gay di solito non hanno niente in cui vedersi rappresentati: puntualmente si trovano la fiction con i protagonisti eterosessuali, e devono trovare la chiave di lettura per immedesimarsi in loro; sono fiction dove magari c'è anche il "contentino" di personaggio gay. Con #Tris è il contrario.

Pensi che la trama sarà più apprezzata dal mondo gay o da quello etero?
Penso che la trama sarà apprezzata dalle persone che sono munite di ironia e sono ben disposte a passare dieci minuti senza pensare a qualsiasi tipo di problema, a prescindere che si tratti di persone gay o di etero.

I personaggi della serie incarnano alcuni stereotipi tipici del mondo lgbt (spesso in maniera anche ironica). Hai affermato, però, di voler abbattere i cliché che la tv odierna spesso affibbia ai ruoli gay: qual è a tuo parere il confine che delimita i ruoli ironici da quelli macchiettistici?
È un terreno molto minato: come fai la sbagli, ovvio. Le macchiette, secondo me, sono personaggi bidimensionali: l'immagine del parrucchiere/stilista gay che campa di gossip e messa in piega. Tutto sta a non fermarsi alla superficie, andare oltre; presentare la persona oltre al personaggio. In #Tris abbiamo di tutto: quello che ama le moto, quello che ama lo shopping, quello che odia lo shopping, quello libertino, quello puritano. Mi fa ridere quando qualcuno dice "Senti Clara, promuove tutti i cliché possibili sui gay", quando la scena è fatta apposta per ironizzare sui cliché in cui la gente crede ciecamente. Oppure: "Ecco guarda, Alex è stato tradito dal fidanzato, è il classico stereotipo del gay scopaiolo e fedifrago". Ma perché, nelle trame "etero" non esistono storie di tradimenti?! Uscire dagli stereotipi non vuol dire raccontare la vita di tre verginelli, o di tre persone seriose che non sanno scherzare. E chi fa commenti come quello che ho parafrasato, a mio parere, dovrebbe interrogarsi su se stesso...

Negli Stati Uniti gli investimenti pubblicitari rivolti alle produzioni indipendenti diffuse su Internet continuano a quadruplicarsi di anno in anno. In italia i pochi casi in cui un programma si è trasferito dai media tradizionali al web ha avuto come conseguenza una caduta degli ascolti. A tuo parere si tratta di un ritardo fisiologico o di un problema culturale ben più difficile da abbattere?
Non saprei, sinceramente. È una mia impressione che in Italia non si voglia correre dei rischi. Motivo per cui mi chiedo: ma allora, questi produttori, o comunque gli eletti che fanno il bello e cattivo tempo... non farebbero meglio a cambiare settore, piuttosto che stare in quello dell'arte/spettacolo?

Cosa differenzia una serie indipendente da una grande produzione? E' solo una questione di budget?
In una grande produzione non ho mai lavorato, quindi la mia risposta sarà limitata; magari è sia una questione di budget, sia una questione di approcci alla cosa. Viste le premesse di #Tris, possiamo permetterci il lusso (paradossalmente) di tenere ben lontane le primedonne (e i primiuomini), perché nulla ci vincola, e di assicurarci sempre di avere attorno persone che producono il massimo preservando soprattutto un clima positivo e piacevole.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Spero, con la BackEntertainment (il gruppo di persone con cui lavoro e scrivo/produco), di crescere sempre di più e poter arrivare a sfornare altri prodotti di intrattenimento che abbiano sempre una valenza sociale. Ma la mia priorità per il futuro prossimo, ovviamente, resta #Tris.
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