Il Pd si divide sul matrimonio gay


Durante l'assemblea nazionale del Pd, svoltasi a Roma, la sala è piombata nel caos non appena si sono toccati argomenti legati ai matrimoni gay e alle primarie.
Una quarantina di delegati, tra cui Paola Concia, Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi, avevano chiesto il voto su un loro ordine del giorno con l'impegno a portare nel prossimo programma elettorale la proposta di estendere il matrimonio civile alle coppie omosessuali. Una richiesta che è stata ufficialmente rifiutata per motivazioni "tecniche", dato che in precedenza l'assemblea aveva già approvato un documento, elaborato dalla Commissione diritti presieduta da Rosi Bindi, dal titolo "Per una nuova cultura dei diritti".
Tanto è bastato scatenare scontri, caos e bagarre in salta. Una confusione che ha reso necessario un ritorno sul palco di un infastidito Bersani che ha dichiarato: «Attenzione. Noi siamo il primo partito del Paese, dobbiamo dire con precisione all'Italia che cosa vogliamo, il Paese non è fatto delle beghe nostre. Non entro sulla questione di merito. Ma nel momento in cui per la prima volta il Partito democratico prende l'impegno a una regolamentazione giuridica delle unioni, vedo gente che dice vado via. Ma non l'ho sentito dire quanto così non era. Il sistema dei diritti evolve e non può essere affrontato se non si tiene conto dei passi fatti. Attenzione, il sistema dei diritti è un meccanismo in evoluzione che può anche essere interrotto se non si tiene conto dei fatti&araquo;.
Quel che traspare, però, è una grande confusione, con Dichiarazioni che vengono continuamente ritrattate ed una grande disponibilità a venire incontro al mondo cattolico (al punto da essere pronti addirittura a rispolverare i vecchi Dico), magari anche con un po' di paura nei confronti del preannunciato ritorno sulla scena politica di Silvio Berlusconi e del probabile appoggio che riscuoterebbe dai vescovi in caso di una lotta ai matrimoni gay.
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