Libano: arrestati e torturati perché gay


La vicenda ha avuto inizio l'8 marzo scorso, quando il canale libanese Murr TV (MTV) ha trasmesso un reportage realizzato in un cinema porno di Tripoli. Il messaggio passato e ribadito anche dal conduttore, Joe Maalouf, era una richiesta di intervento verso quella che veniva considerata una vergogna. In Libano, infatti, il codice penale prevede un anno di carcere per i rapporti sessuali in "contraddizione con la natura" e non sempre si tiene conto della sentenza del 2009, emessa dal giudice Mounir Suleiman Batroun, che stabilisce come i rapporti omosessuali consensuali non siano da ritenersi inclusi in quella definizione.
Fatto sta che il 28 luglio la polizia ha fatto irruzione in un cinema a luci rosse di Beirut, arrestando trentasei persone, tra cui anche il proprietario.
Ora si è saputo che la polizia li ha obbligati a sottoporsi, peraltro pagandolo di tasca propria, ad un test con una sonda anale che avrebbe dovuto indicare se fossero omosessuali o meno. Un'indicazione che difficilmente sarebbe potuta giungere da un esame di dubbia efficacia e mai accolto dalla comunità scientifica, ma che l'Osservatorio per i Diritti Umani non esita a definire simile ad un vero e proprio atto di tortura. Ma è proprio in base a quei dati cos' sommariamente raccolti che tre persone sono "risultate gay" e due di loro risultano tutt'ora sotto custodia e trasferiti presso il centro di detenzione del tribunale. Una sorte toccata anche al proprietario del cinema, accusato di incitamento all'immoralità.
Nel frattempo anche tutti gli altri cinema visitati dal reporter di MTV sono stati chiusi. La comunità gay ha reagito concentrando la propria ira contro il il conduttore, che si dicono certi sia gay nonostante promuova l'omofobia e si dichiari un ammiratore di Hitler. Dal canto suo Malouf ha accampato una scusa pietosa, sostenendo di aver realizzato quel reportage solo per difendere i bambini. A nessuno, però, è chiaro quali bambini secondo lui frequentino cinema riservati ai soli adulti.
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