Nuove schiavitù: la terribile storia di due trans costrette a prostituirsi per strada


In occasione della giornata per l'abolizione della schiavitù e della «tratta» di esseri umani, Vaniti Fair ha intervistato alcune delle trans brasiliane che hanno trovato il coraggio di denunciare i propri sfruttatori, dando il via all'inchiesta che lo scorso 7 ottobre a sgominato un'organizzazione criminale dedita alla tratta di transessuali tra Brasile e Italia. Grazie alle loro testimonianze, i carabinieri sono riusciti a ricostruire l'organigramma della banda (i cui vertici risiedono in Brasile, pur mantenendo stretti contatti con la mafia italiana) e 28 persone sono finite in manette, 48 risultano indagate e 30 appartamenti sono stati posti sotto sequestro.
Le loro testimonianze sono terribili. Le vittime, provenienti dalle favelas brasiliane, venivano avvicinate in patria da trans che le convincevano a trasferirsi in Italia con la promessa di un lavoro. Poi, una volte arrivate, venivano costrette a prostituirsi con la minaccia di uccidere le loro famiglie.
Anna (il nome è di fantasia) è una di loro. Ha 22 anni e racconta che lavorava in un call center in Brasile. Lì era stata avvicinata da una trans che le ha raccontato di come in Italia si potesse guadagnare tanto e, magari, mettere via abbastanza soldi per avviare una propria attività in Brasile.
«Mi lasciai convincere -racconta- e, poiché non avevo i soldi per il viaggio, accettai che me li prestasse. I miei non volevano: "Che ci vai a fare? Non sei felice qui?". In aeroporto mi aspettavano altre trans, arrivammo in Svizzera e da qui a Budapest, dove c'era una persona che ci avrebbe trasportate in Italia in macchina. Eravamo clandestine, ma questa persona aveva degli amici alla frontiera che, dietro il pagamento di 500 euro a testa, ci fecero passare. A Roma iniziò l'incubo».
L'amica si rivelò tutt'altro che un'amica: le chiede 15mila euro in cambio dei duemila prestati per il viaggio, oltre a 250 euro a settimana per il posto letto. Un un appartamento con altre venti persone che a turno lavoravano sulla strada: quelle che si prostituivano di giorno dormivano di notte, e viceversa.
Anna provò a rifiutarsi, ma iniziarono le minacce: «Se non lo fai, uccidiamo la tua famiglia».
Dopo tre anni di schiavitù, riuscì ad estinguere il debito e decise poi di denunciare i propri aguzzini.
Nicole, invece, ha 24 anni. A 18 anni ricevette una telefonata di una sua amica d'infanzia che si era trasferita in Italia, la quale le offrì un posto nel suo negozio di parrucchiera, provvedendo anche a pagarle il passaporto e il biglietto aereo.
Arrivata a Roma (sempre dopo una tappa a Budapest ed una in Svizzera) venne accompagnata in un appartamento dove la padrona di casa le disse: «Senti, qui non esiste nessun negozio da parrucchiera, ora tu metti questi vestiti e domani inizia a lavorare sulla strada». Alle sue proteste seguì la solita minaccia: «O fai come ti diciamo oppure ammazziamo la tua famiglia».
«Mi sentii persa -racconta- non conoscevo la lingua italiana, non conoscevo nessuno, mi avevano preso documenti e telefono, non mi permettevano di chiamare a casa. Mi truccarono, mi vestirono e mi portarono sul marciapiede. Dopo una settimana arrivò l'amica, mi prestò il suo telefono: "Chiama a casa e dì che va tutto bene". Poi aggiunse: "I soldi che ti ho prestato devi restituirmeli con gli interessi, ora sono 16 mila euro"».
In un anno riuscì ad estinguere il suo debito, ma i suoi aguzzini le avevano fatto capire che volevano molto di più. «Fu allora che capii che da sola non ne sarei mai uscita, trovai il coraggio di denunciare tutti. Da quel momento sono rinata».
Ora le due ragazze si trovano al sicuro in una casa segreta, finanziata dalla Regione Lazio e dal ministero delle Pari opportunità e gestita dall'associazione Ora d'aria, insieme ad altre tre trans che, come loro, hanno collaborato con la giustizia per denunciare lo sfruttamento di cui erano vittime.
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