La sottile linea rosa del cinema da Oscar 2013


Claudio Barbati, classe 1939, è un regista televisivo coperto di gloria in vari festival internazionali. Tra le sue passioni non mancano la lettura e la fotografia, ed è stato l'autore anche di alcuni libri fotografici di nudo maschile. Grande esperto di cinema, ha scritto per noi un articolo in cui racconta cosa ci riserverà il grande schermo per la stagione.

Dopo Magic Mike, che ha fatto esplodere Channing Tatum narrando certe sue storie da ragazzo a Tampa quando si esibiva in uno strip-club (il film è gay ma criptato: per interessi di botteghino, i clienti del locale figurano donne anziché uomini, sicchè il boss geloso impersonato da McConaughey risulta incomprensibile, quando protegge il socio Tatum o il cucciolo-sexy Alex Pettyfer), il regista Steven Soderbergh aspira a diventare il Ken Russell o Mike Nichols o Gus Van Sant nel cine Usa del prossimo decennio.
Insomma, il sodalizio dorato con Gorge Clooney, Brad Pitt e Matt Damon, che al regista ha fruttato una ricca serie di successi, pare concluso. Ma questo indefesso e sterminato lavoratore della Georgia, che scrive, dirige, fotografa, monta e produce dozzine di film e serie tv – tanto Clooney e tanto Damon, oltre a Ocean's 11, 12 e 13, e poi le serie K Street e Unscripted, Grey's Anatomy e un sacco d'altra roba a 50 anni sembra determinato a imporsi come cantore del desiderio gay su grande schermo. E'un coming out da artista, e merita tanto di cappello.
Sta infatti per uscire Behind the candelabra, il suo film-rivisitazione del mito fastoso del pianista Valentino Liberace e dell'amore che lo unì a Scott Thorson, legame rievocato proprio da Scott in un libro che porta lo stesso titolone aux chandelles. Soderbergh ha voluto, per il suo biopic sul pianista ingioiellato, il meglio sulla piazza: due divi della levatura di Michael Douglas e Matt Damon.
Così altre due star di Hollywood si misurano con personaggi gay. Dopo Brokeback Mountain l'attrazione è divenuta irresistibile, per i grandi di Hollywood. Anche se la recente, titanica prova inscenata da Di Caprio e dai suoi truccatori per impersonare un omosessuale non solo closeted, ma addirittura blindato, come Hoover ( primo direttore dell'Fbi) nel cupo J.Edgar di Eastwood non ha poi lasciato un gran segno.
Speriamo che Leonardo riconfermi la sua bravura e afferri finalmente un Oscar col Grande Gatsby, il film che gli ha amorosamente cucito addosso, sul crinale dei 38 anni, l'australiano Baz Luhrmann (se ne trovano in rete i primi trailer). Con Di Caprio, in questo remake da Fitzgerald, recitano Carey Mulligan e Joel Edgerton (sono Daisy e Tom Buchanan, agiatissima coppia di Long Island), Tobey McGuire come l'io narrante Nick, alter ego dello scrittore, nonché Jason Clarke e Isla Fisher nei tragici ruoli del benzinaio George e sua moglie Myrtie. Una cosa è sicura : la versione di Luhrmann – la cui anteprima è per il 10 maggio prossimo –surclassa in stile e opulenza coreografica il compassato Gatsby firmato nel '74 da Jack Clayton, con un Redford irresistibile 36enne.
Ma un'altra novità Usa attira l'attenzione (o meglio, l'aggira ostentatamente) sul tema degli amori gay più o meno felici di personaggi famosi. È il caso di Lincoln, ultimo capolavoro di Steven Spielberg, biopic del primo e più amato presidente a stelle e strisce. Alla sceneggiatura, come già per Munich, hanno lavorato a quattro mani lo stesso papà di ET insieme al celebre Tony Kushner, autore e regista gay dell'epocale Angels in America, prima pièce tionfante a Broadway e poi megaserie HBO con Al Pacino e Meryl Streep.
Superbamente interpretato dall'anglo-irlandese Daniel Day-Lewis, Lincoln è un'opera “senza difetti” secondo i critici Usa, forse il più sincero e personale tra i film recenti dell'autore di Schindler's List. Una grande lezione di storia e educazione civica, girata tutta in interni e luce naturale (eccellente fotografia di Janusz Kaminski), dove il discorso politico e il suo impatto sulla società dell'epoca, al momento dell'abolizione della schiavitù, sono il fulcro costante dell'operazione.
Peccato che tra valenze osservate nella figura del presidente non figurino le sue tendenze sessuali. Notoriamente originali. Come l'abitudine di dormire o accompagnarsi, e magari invaghirsene per stagioni intere, con commilitoni o soldati al servizio. Di questi uomini - in qualche caso sposati, come Lincoln, e con figli - si conoscono nomi e storie. E bastino i casi di Joshua Speed e David Derickson, accertati e ricostruiti da numerosi biografi e storici. Omissione sospetta, questa del mago Spielberg. È come se, per un biopic sul poeta nazionale Walt Whitman, si tacessero del tutto le poesie di Calamus con la loro lampante e contagiosa ispirazione omoerotica. Il poeta di Leaves of Grass si rivolterebbe nella tomba. Imprecando.
Questi dunque i film Usa in arrivo quest'anno. Ma il 2012 si è chiuso con un rammarico, per i film gay di Hollywood spesso maltrattati dalla distribuzione italiana. Da noi, restano infatti ancora inediti da noi, e del tutto ignorati, vari film di qualità. Ci riferiamo a produzioni indipendenti, da recuperare magari in dvd nei negozi di nicchia.
Il primo titolo è The Men Next Door, opera dello scrittore, attore e regista Rob Williams, che lo interpreta al fianco di Michael Nicklin e Eric Dean. Ma all'appello manca anche Sal, scritto e diretto dal geniaccio James Franco,visto a Venezia 2012. La vita dell'attore Sal Mineo, compagno di James Dean in “Gioventù bruciata”, vi è narrata con tecniche imprevedibili. Il film è un omaggio ingegnoso e fraterno a un ragazzo gay morto a soli 36 anni. Come regista, James Franco si inventa uno stile tutto suo, ma con richiami ad artisti tipo Warhol, Morrissey e Gus Van Sant.
Da ultimo, vorremmo vedere in Italia LA Zombie, dell'eccentrico Bruce LaBruce: singolare filmino passato solo ai festival Lgbt, incentrato sul pornodivo dalla testa rapata François Sagat. E poi si dovrà almeno raccomandare un film piombato in sala da noi nel 2012 come una meteora, e tuttavia sccolto dai critici con assoluto rispetto. Ci riferiamo a On the Road, dal romanzo di Kerouac, regia di Walter Sellers. Cast eccellente: Sam Riley, Garrett Hedlund, Kirsten Dunst, Viggo Mortensen, Steve Buscemi: scusate se è poco. Un'epopea della stagione beat, vista dal disincanto della generazione post-Aids. Una pellicola che diventerà presto di culto, come tanto titoli qui passati in rassegna.
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