La Cassazione esprime dubbi sulla costituzionalità del divorzio "imposto" dal cambio di sesso


La Corte di Cassazione ha espresso dubbi di costituzionalità nei confronti della legge n.164 del 1982 (la quale prevedere lo scioglimento automatico del matrimonio in caso di cambio di sesso da parte di uno dei coniugi), disponendone il rinvio alla Consulta.
La decisione è giunta dopo l'esame del caso di Alessandra Bernaroli, rivoltasi alla Suprema corte per contestare il divorzio da sua moglie impostogli dal Comune di Bologna e dalla Corte d'Appello dopo il suo cambio di sesso.
Ed è proprio quell'imposizione ad essere finita nel mirino della Suprema Corte. Secondo i giudici, infatti, si «mina alla radice il principio di autodeterminazione del soggetto che intende procedere alla rettificazione del sesso, conseguendo a tale opzione la eliminazione per il futuro del diritto alla vita familiare, realizzato mediante la scelta del vincolo matrimoniale [...] Tale "vulnus" appare ancor più accentuato nei confronti dell'altro coniuge, costretto a subire gravi conseguenze sulla sua sfera emotiva e sull'assetto giuridico delle proprie scelte relazionali della rettifica di sesso operata dall'altro coniuge», con l'effetto di rimanere »totalmente privo di tutela con riguardo all'effetto automatico dello scioglimento del vincolo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione di sesso».
Ed è così che l'ordinanza (firmata dal presidente della Prima Sezione Civile Maria, Gabriella Luccioli) si chiude sottolineando come quella norma sia da ritenersi «un'ingerenza statuale» sulla «volontà individuale nell'esercizio del diritto personalissimo allo scioglimento del matrimonio».
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