Avvenire: di nozze gay non bisogna neppure parlarne


«Da parte di chi ritiene giunto il momento di un "allargamento" del matrimonio "tradizionale" si insiste sulla necessità di far cessare ogni discriminazione nei confronti degli omosessuali, ma non si risponde all'osservazione che non ci sono diritti di cui i gay già non godano, come diritti delle persone – cioè attivabili direttamente da loro sul piano privatistico: tutelare questi diritti come diritti di "coppia" non avvantaggia, se non su di un piano meramente simbolico i gay e contribuisce a mettere ulteriormente in crisi l'istituto del matrimonio, che appare già in sé e per sé nel mondo secolarizzato di oggi molto malconcio». È quanto sentenzia Avvenire, il giornale dei vescovi, in un editoriale firmato da Francesco D'Agostino.
Fermo restando che le argomentazioni che si sostiene non siano mai state fornite sono sotto gli occhi di tutti (ossia, che un contratto dall'avvocato è "altro" rispetto al matrimonio), fa sorridere come si ipotizzi che il matrimonio sia un qualcosa di "simbolico". Se così fosse, di certo non si capirebbe perché lo si voglia "difendere", così come pare ci si stia dimenticando che il riconoscimento di una coppia da parte dello Stato vada al di là di un contratto fra privati, sia in termini formali che materiali.
Secondo l'articolo, però, «il solo fatto che del matrimonio gay si discuta come di una concreta possibilità (già trasformatasi, peraltro, in molti ordinamenti in una realtà normativa) dimostra che l'istituzione matrimoniale, come istituzione di coordinamento intergenerazionale, sta per implodere (se già non è implosa). Chi assume posizioni di apertura, se non di piena approvazione, del matrimonio gay non si rende probabilmente conto che ciò che rivendica per i gay non è, propriamente parlando, il riconoscimento del matrimonio, ma di un vincolo giuridico profondamente diverso, che col matrimonio ha ben poco a che fare, avendo una finalità primariamente "aggregativa" e non, come il matrimonio, primariamente "generativa". Il fatto stesso che, con riferimento ai gay, di matrimonio si continui, indebitamente, a parlare dimostra quanto profonda sia la crisi di questo istituto».
Insomma, secondo l'autore non bisognerebbe neppure discutere la questione, partendo dalla tesi degli opposizione come prova inconfutabile del fatto che abbiano ragione. Anzi, a «ulteriore prova di quanto detto -prosegue- si consideri la forza e la soddisfazione con cui Enrico Letta, come capo del Governo, ha salutato la definitiva cancellazione giuridica di ogni distinzione tra i figli (in concreto tra i figli naturali e quelli legittimi)».
Ecco dunque che il matrimonio non è più "simbolico" come asserito in precedenza, ma si sostiene che una coppia sposata «progetta un futuro generativo e struttura la propria esistenza per restare fedele a questo progetto» mentre le altre «vivono esclusivamente nell'occasionalità del presente». Il tutto tirando in ballo anche la Costituzione e ricordando some solo il primo gruppo sia tutelato? Ma coma? Poco prima non si diceva che la tutela fornita ca contratti privato era in grado di garantire gli stessi diritti?
Eppure l'articolo non ha dubbi: viste le "argomentazioni" fornite, «ecco perché chiamare a raccolta cattolici e laici "eticamente e socialmente sensibili" perché si oppongano senza se e senza ma al matrimonio omosessuale ha senza alcun dubbio senso».
7 commenti