I vescovi peruviani tentano di affossare la proposta di legge sulle unioni civili gay


Il Parlamento peruviano non ha neppure fatto in tempo ad iniziare a discutere un progetto di legge per l'introduzione delle unioni civili fra persone dello stesso sesso che, quasi fosse in un film già visto, è immediatamente scattata la controffensiva cristiana. Attraverso un comunicato ufficiale, i vescovi peruviani hanno chiesto di «rispettare le innegabili differenze naturali e complementari tra uomo e donna», sostenendo poi che «tale progetto normativo contiene elementi tipici del matrimonio» ed è quindi «evidente il tentativo di equiparare l'unione civile omosessuale al matrimonio, così da aprire la strada alle nozze gay con la possibilità di adozione di bambini nel Paese». Ancora una volta, dunque, la teoria sostenuta è quella di voler negare qualsiasi elementare diritto in modo che non si arrivi mai a concedere diritti maggiori. Il disegno di legge proposto, infatti, prevede esclusivamente il diritto di visita in ospedale o in carcere, l'accesso all'eredità, la reversibilità della pensione o la possibilità di prendere decisioni in merito agli interventi chirurgici del proprio compagno: tutti diritti che i vescovi peruviani non vogliono siano concessi.
«Noi cattolici siamo consapevoli che i diritti sono uguali per tutti e condanniamo ogni forma di discriminazione -hanno proseguito i presuli nella nota- tuttavia sappiamo che nella ricerca della vera giustizia è indispensabile rispettare le innegabili e preziose differenze della natura umana» (ovviamente a meno che le differenze naturali non riguardino l'orientamento sessuale, ndr). Ed ancora: «I difensori delle unioni omosessuali invocano l'uguaglianza, concludono i vescovi, ma dimenticano che la diversità e complementarietà sessuale non è stabilita dalla persona umana, dallo Stato o dalla legge, ma dalla creazione di Dio per il bene del genere umano».
4 commenti