Consulta: «Illegittima la norma che annulla le nozze di chi cambia sesso»


La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma, contenuta nella legge n. 164 nel 1982, che impone il divorzio se uno dei due coniugi cambia sesso.
La questione è stata portata in tribunale da una coppia di Bologna sposatasi nel 2005. Dopo quella data l'uomo ha cambiato sesso ma entrambi non volevano annullare le proprie nozze. Il Tribunale di Modena aveva accolto il ricorso dei coniugi, ma il verdetto era poi stato ribaltato dalla Corte d'appello di Bologna. La Cassazione, infine, ha deciso di inviare gli atti alla Corte Costituzionale.
Ora è giunto il verdetto ed i giudici della Suprema Corte hanno sancito che «se uno dei due coniugi cambia sesso nella parte in cui consente ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata», notando come attualmente non esista alcun'altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta «che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore».
La decisione, però, non ha ribaltato quanto stabilito nel 2010 dalla Consulta che dichiarò inammissibile una sentenza sulle nozze gay dato che «spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento». In quell'occasione si posero delle riserva per poter «intervenire a tutela di specifiche situazioni» ed il caso odierno è stato fatto rientrare proprio in quella definizione.
Nella sentenza si afferma anche che la questione sollevata dalla Cassazione «coinvolge da un lato l'interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e a non consentirne quindi, la prosecuzione, una volta venuto meno il requisito essenziale della diversità di sesso dei coniugi) e, dall'altro lato, l'interesse della coppia» affinché «l'esercizio della libertà di scelta compiuta da un coniuge con il consenso dell'altro relativamente ad un tal significativo aspetto dell'identità personale, non sia eccessivamente penalizzato con il sacrificio integrale della dimensione giuridica del preesistente rapporto».
La sentenza pare dunque un'ennesimo invito al parlamento a legiferare nella direzione di una legge che riconosca unioni civili diverse dal matrimonio. A far storcere il naso, però, è la parte in cui si autorizza il legislatore a riservare un istituto solo ad una parte dei cittadini purché gli altri non siano «eccessivamente penalizzati» (per non parlare di quale sia «l'interesse dello Stato» a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio).
Ora l'unione della coppia bolognese rimane nullo ma la protagonista della storia pare ottimista. «Intanto abbiamo vinto e non è cosa da poco -ha dichiarato- e in Cassazione ci torniamo da vincitrici. Se la logica vale, allora voglio ricordare che la Cassazione è chiamata a decidere su caso singolo, un problema specifico e reale e in base a quanto ha detto la Corte Costituzionale, se scioglierà il matrimonio agirà contro Costituzione. Quindi, io mi aspetto che che la Cassazione prenda atto che sciogliere il nostro matrimonio viola la Costituzione italiana».
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