Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, è lecito imporre il divozio forzato ai transessuali


È lecito che un Paese imponga il divorzio forzato ai transessuali sposati che dovessero richiedere l'assegnazione di un nuovo genere. È quanto sancito in una sentenza shock dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
In alcuni Paesi dell'Unione Europea, dunque, le persone sposate che dovessero decidere di cambiare sesso dovranno ora decidere se cedere parte dei propri diritti o se mantenere sui documenti l'indicazione di un genere non più corrispondente al proprio.
La sentenza è giunta in seguito al ricorso presentato dalla signora finlandese Hämäläinen, nata maschio e sposatasi con una donna. Nel 1996 ha cambiato sesso e nel 2008, dopo l'introduzione di una nuova legge sulla riassegnazione del genere, aveva chiesto l'aggiornamento dei propri documenti. L'ufficio del registro, però, ha rifiutato la sua richiesta a meno che non divorziasse o trasformasse il proprio matrimonio in un'unione civile.
La donna ha ritenuto che quell'affermazione fosse una violazione dell'articolo 8 (diritto alla vita privata e familiare), dell'articolo 12 (diritto al matrimonio) e dell'articolo 14 (divieto di discriminazione) della convenzione europea, motivo per cui ha portato il caso a Strasburgo.
La corte, però, ha deciso che «non era sproporzionato esigere la conversione di un matrimonio in una unione registrata come condizione preliminare per il riconoscimento giuridico di un genere acquisito, il quale avrebbe previsto tutele giuridiche quasi identiche a quello del matrimonio».
Ad oggi solo solo 11 i Paesi europei in cui è possibile cambiare sesso senza l'obbligo di un divorzio forzato.
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