Marino: «Ho agito legittimamente». I vescovi: «Atto illegale perché contrario al bene comune»


«Ritengo d'aver operato legittimamente trascrivendo gli atti di matrimonio in questione». È quanto dichiarato dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, in una lettera inviata al prefetto Giuseppe Pecoraro. «Il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero non è inesistente e non costituisce minaccia per l'ordine pubblico -ha proseguito Marino- La non trascrizione di quegli atti per via dell'orientamento sessuale delle coppie sarebbe stata un atto palesemente discriminatorio, violando l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea [...] La nostra è una posizione di legalità che vogliamo mantenere ben salda e che abbiamo ribadito questa mattina ai due viceprefetti di Roma che da circa 5 ore sono diligentemente impegnati in Campidoglio nell'esame accurato della documentazione dei 16 atti di trascrizione».

A sposare la linea di Alfano, però, sono i vescovi che ancora una volta scendono in campo per tentare di arginare il crescente numero di comuni che sta procedendo alla trascrizione dei matrimoni gay contratti all'estero. In una nota congiunta, i vescovi delle diocesi di Concordia Pordenone, Udine e Trieste (Giuseppe Pellegrini, Bruno Mazzocato e Giampaolo Crepaldi) affermano: «Non possiamo nascondere la sofferenza per certi travisamenti della realtà della famiglia e del matrimonio recentemente sostenuti da rappresentanti di istituzioni pubbliche». Secondo i tre religiosi, tali iniziative sarebbero «non rispettose degli ambiti del loro potere. Da più parti è stato messo in luce che i provvedimenti di un'amministrazione comunale non possono debordare l'ambito loro proprio e porsi in contrasto con le leggi vigenti. Più che per gli aspetti tecnici che lasciamo valutare prudentemente ad altri, siamo preoccupati per le questioni di sostanza. La legalità, di cui una comunità ordinata vive, ha molti aspetti che riguardano il bene comune».
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