La curia di Milano tenta di schedare le scuole che conducono progetti legati all'omosessualità


La lettera sarebbe dovuta rimanere riservatissima ed era stata pubblicata su un sito a cui si potevano accedere esclusivamente i professori di religione (nominati direttamente dalla curia nonostante siano pagati dallo stato) attraverso una password personale. Ma alla fine il testo della missiva è venuto alla luce, ed è un testo grave.
Si è così appreso che la curia di Milano ha chiesto ai 6.102 insegnanti di religione che lavorano nella diocesi di inviare segnalazioni su qualunque insegnante delle loro scuole avesse deciso di affrontare progetti educativi legati ad omosessualità ed identità di genere.
Il tutto con l'intento dichiarato di intervenire contro quella che don Gian Battista Rota, responsabile di settore della diocesi, definisce come una «vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un'idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale». L'obiettivo era la conduzione di una «indagine informale mirata a conoscere i progetti scolastici relativi al tema della differenza di genere».

Nonostante la gravità del fatto, le reazioni politiche sono state pressoché scontate: da un lato c'è Ivan Scalfarotto (Pd) che non ha esitato a condannare l'iniziativa, dall'altro c'è il senatore Carlo Giovanardi (Ncd) che ha espresso pieno appoggio alla curia ed è ricorso ad uno dei suoi soliti slogan: «No ai bambini usati come cavie» dice, senza neppure rendersi conto che sotto quella definizione rientrano anche tutti quei bambini su cui la curia sta sperimentando le proprie tecniche per mantenere in vita la discriminazione attraverso l'opposizione ai programmi che possano informare sulle verità scientifiche.
Inevitabilmente meno contenuto sono state le reazioni della associazioni. Certi Diritti ha optato per un esposto al ministro dell'Istruzione, all'Ufficio scolastico della Regione Lombardia e all'Unar, commentando come «la Curia di Milano dimostra di non aver rispetto più neanche per gli insegnati di religione, che vorrebbe trasformare in delatori. L'odio omofobico di certi personaggi mina alla radice il principio fondamentale della laicità dello Stato e quello costituzionale di una scuola statale (articolo 33) aperta a tutti (articola 34). Ancora più grave è che si usi la bufala dell'ideologia del gender per tentare di impedire che nelle scuole si facciano progetti anche contro il bullismo omofobo».
Dure sono anche le parole di Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, che commenta: «È un abuso inaccettabile, che accende i riflettori su un tentativo, se non addirittura su una vera e propria pratica di controllo della scuola pubblica da parte della lobby ecclesiastica. È inconcepibile che attraverso una mailing list un potere diverso dallo Stato possa dare indicazioni, chiedere informazioni e insinuare azioni nella scuole di ogni ordine e grado, bypassando il ministero e tutte le strutture preposte alla tutela dell'Istruzione, dei suoi luoghi e dei suoi processi. La lettera del prelato resa pubblica dai giornali getta un'ombra sinistra sull'intero sistema scolastico e rende necessario e urgente un approfondimento ispettivo e un chiarimento pubblico da parte della Ministra Stefania Giannini».
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