Palermo: 20enne fa coming out, il padre lo fa picchiare


Davide è un ragazzo di 20 anni che vive in un paesino in provincia di Palermo. Qualche mese fa ha si è fatto coraggio e ha di parlare della sua omosessualità alla sua famiglia, così come tanti suoi coetanei si trovano a fare, ma l'epilogo è da pelle d'oca. «Gli dissi che sono gay e mio padre radunò mio fratello e gli zii per farmi picchiare», racconta il giovane.
Il ragazzo racconta anche come la sua decisione di dichiararsi avesse seguito un esplicito invito del padre di affidarsi a lui: «Mi ha chiesto "Ti droghi? Parla con me. Qualsiasi cosa sia, io ci sono"». Ma se il padre sarebbe stato ben disposto ad accettare un figlio drogato, l'uomo non ha trovato altrettanta compressione nell'apprendere che suo figlio non aveva alcun problema serio, ma semplicemente aveva gusti sessuali diversi dai suoi.
Da qui sono iniziati gli insulti e le botte, poi la segregazione in casa e l'assoluto divieto di poter vedere anima viva. Una sera di agosto Davide ha raccolto le sue cose e si è lanciato: «Avevo davanti due scelte -racconta- farmi uccidere o provare a scappare. Ma non mi importava, dovevo scappare. Però avevo paura che mi venissero a cercare».
Neppure la fuga è bastata a spegnere l'odio della sua famiglia. Una zia lo contatta sporadicamente su Facebook per insultarlo: «Mi scrive "impiccati". Secondo loro non devo esistere. Non a queste condizioni». I suoi genitori, invece, non lo cercano neppure.
La buona notizia è che ora Davide sta bene, ha un lavoro e vive con alcuni coinquilini in una casa a Catania. Eppure resta la brutta storia di come possano esistere genitori denaturati capaci di simile brutalità, ennesima testimonianza di come l'orientamento sessuale eterosessuale non sia una sorta di certificazione della capacità di essere genitori migliori (così' come qualcuno prova ancora a sostenere)
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