Usa, il 6° circuito degli appelli ha detto «no» ai matrimoni gay (ma è una buona notizia)


Dopo mesi di stallo, finalmente la Corte d'Appello di Cincinnati del 6° Circuito federale si è espressa su quattro casi riguardanti la costituzionalità delle leggi del Michigan, dell'Ohio, del Kentucky e del Tennessee che proibiscono alle coppie gay e lesbiche di sposarsi. La decisione, che non sorprende, conferma la costituzionalità dei divieti di questi stati producendo così la tanto attesa divisione tra i circuiti. Finora 4 circuiti si sono già pronunciati -il 10°, il 4°, il 7° e il 9°, in ordine cronologico- e tutti hanno dichiarato contrari alla costituzione federale del 1787 simili leggi che esistevano in una quindicina e più di stati, portando così gli Stati dell'Unione, che permettono alle coppie dello stesso sesso di sposarsi, da 19 (maggio 2014) a 32 (ottobre 2014). Tuttavia, le decisioni di questi circuiti, che tecnicamente sono diventate dei precedenti, non sono giunte a tutti gli stati compresi nella giurisdizione di tali are giudiziarie: mancano Kansas (10° Circuito), South Carolina (4°) e Montana (9°). L'altro ieri un giudice federale ha esteso il precedente del 10° Circuito al Kansas, ma la decisione è già stata portata all'attenzione dell'intero circuito, che potrebbe decidere il caso (ma le probabilità sono veramente basse). A fine novembre, invece, altri tribunali avranno l'occasione di esprimersi. Ma torniamo al 6° Circuito.
La decisione, presa da due dei tre giudici che formavano il tribunale, come abbiamo detto conferma i divieti al matrimonio egualitario in 4 stati dell'Unione, creando quindi una divisione con gli altri 4 circuiti che hanno deciso diversamente. Il giudice che scritto la sentenza, il giudice Sutton si è posto il seguente problema: Chi decide la questione? I giudici o forse gli stati?. A questo quesito Sutton e la giudice Cook hanno risposto così:

Quando le corti non permettono ai cittadini di risolvere nuovi temi sociali come questo, esse perpetuano l'idea che gli eroi in questi cambi di eventi siano i giudici e gli avvocati. E' meglio, in questa occasione, permettere il cambiamento attraverso i consueti processi politici, pensiamo noi, che gay o etero che siano, siano essi gli eroi delle proprie storie incontrandosi tra loro non come avversari nei tribunali ma come liberi cittadini che cerano di risolvere un tema sociale con neutralità

Belle parole. Ma non convincono. Non hanno convinto, infatti la giudice Daughtrey:

L'autore dell'opinione della maggioranza ha abbozzato quello che potrebbe essere un appassionante monologo da TED o, possibilmente una lezione introduttiva a Filosofia Politica. Ma essendo una decisione della Corte d'Appello, così si fallisce completamente nell'affrontare la questione costituzionale cui siamo chiamati a risolvere: se lo stato, proibendo i matrimoni tra persone dello stesso sesso, violi il principio di eguaglianza contenuto nel 14° Emendamento.

Ma ora cosa succederà? Beh vedremo cosa decideranno le coppie. Potranno chiedere o all'intero circuito di decidere oppure direttamente alla Corte Suprema. L'American Civil Liberties Union, storica associazione che difende i diritti civili degli americani e che ora supporta alcune delle coppie nel 6° Circuito, ha detto che intende ricorrere direttamente alla Corte Suprema. L'ipotesi, dunque, è che si arrivi ad una decisione definitiva già a giugno. E dopo quello che è accaduto il mese scorso, può solo succedere che una maggioranza di giudici si esprimi per il matrimonio per tutti. Ed è quello che attende la comunità americana da ormai 45 anni, da quando per primi, Richard Baker e James McConnell sfidarono le leggi del Minnesota nel maggio del 1970.

Di ExJure
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