Il prefetto di Bologna annulla le trascrizioni. Arcigay: «Siamo nella giungla dell'illegittimità»


Lo scorso venerdì un funzionario della Prefettura di Bologna si è recato in comune ed ha apposto la parola «annullato» nei registri di stato civile in relazione agli atti di trascrizione delle nozze gay celebrate all'estero.
La notizia si è appresa solo in seguito e pare che neppure le quattro copie interessate dal provvedimento siano state informate. «Vergogna. E alla vergogna di un prefetto politicizzato si aggiunge il fatto che gli interessati lo apprendano ora dai giornali. Neanche quel rispetto ci è dovuto. Non ci sono parole, ha commentato su Facebook Vincenzo Branà, presidente di Arcigay Bologna.
Franco Grillini, presidente di Gaynet Italia, ha sottolineato come fossero «passati solo due giorni dalla decisione del tribunale di Udine di dichiarare illegittimo e autoritario l'atto della prefettura locale su ordine del Ministro-segretario Ncd Alfano. Ma se l'atto è illegittimo a Udine lo è anche a Bologna [...] Tutto è avvenuto alla chetichella come se qualcuno si sia vergognato ad informare subito di questo abuso. In effetti si tratta di una cosa vergognosa come è francamente vergognoso che Alfano usi il Ministero dell'Interno come strumento di affermazione di una politica del suo partito, il più clericale dello schieramento politico».
Dura è anche la reazione di Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, che commenta: «Siamo nella jungla dell'illegittimità, non c'è più norma o senso di giustizia che tenga. A pochissimi giorni dal pronunciamento della procura di Udine che aveva messo in chiaro l'illegittimità di questa procedura, il prefetto di Bologna, coi tempi dettatigli dalla politica, ha comunque proceduto col suo abuso di potere. In nome di che cosa? Del popolo italiano? Della sua Carta costituzionale? No, nulla di tutto questo, è la stessa Giustizia ad averlo messo in chiaro. Questo avviene in nome di accordi politici sottobanco e convincimenti personali. Si compie l'abuso consapevolmente, con l'arroganza di chi scarica sul cittadino l'onere di dover dimostrare ancora una volta il confine tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Siamo al mobbing di Stato, al dileggio totale delle persone e dei loro diritti, alla prevaricazione ostinata. Una vera e propria umiliazione. E in questo contesto non sappiamo nemmeno a chi appellarci: a un Presidente della Repubblica in uscita dal Quirinale? A un premier evidentemente inaffidabile? A un governo fondato su un patto ideologico e liberticida? A un Parlamento completamente scollato dal Paese, rintanato nel bunker delle Camere a elargire voti di fiducia in nome non del Paese ma della Ditta, quale che sia il simbolo che si rappresenta? Siamo nella palude della reiterata e indisturbata violazione dei diritti, ben oltre l'assenza del riconoscimento: e questo è il fatto grave e disperante».
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