Radio Vaticana fa outing con uno speciale contro l'ideologia gender: neppure loro sanno di cosa parlano


Nessuno al mondo è mai riuscito a capire che cosa i vari gruppi cattolici intendono come «ideologia gender». Per fare ancora più confusione, Radio Vaticana ha realizzato uno speciale di trenta minuti dedicato alla spiegazione di come come quella non meglio specificata ideologia rappresenti un rischio per la famiglia. I relatori invitati a parlare sono tutti volti noti del movimento omofobo italiano: la professoressa Dina Nerozzi (un medico psichiatra che organizza convegni contro il gender), Mario Adinolfi (fondatore del gruppo omofobo Voglio la mamma), Filippo Savarese (portavoce della Manif Pour Tous Italia) e l'avvocato Gianfranco Amato (presidente dei Giuristi per la vita). Insomma, solo persone schierate che non hanno mai perso una sola occasione per cercare di alimentare odio e disinformazione verso le tematiche lgb.
La trasmissione viene aperta con un'introduzione del conduttore, pronto a sostenere che: «La teoria gender inizia a formarsi già nel 1946 ma si affermerà in maniera decisa soltanto successivamente per un caso concreto, peraltro falso, portato avanti dal Dottor George Money il quale afferma che non si nasce uomini o donne ma ci si diventa in base al condizionamento culturale. Cioè, in sostanza, se vengo trattato come una bambina sarò e diventerò una bambina. Se vengo educato come un maschio, sarò tale».
A quel punto interviene a dargli man forte la dottoressa Nerozzi che si lancia nel sostenere che «tutta l'impalcatura dell'ideologia» si basa su un unico caso clinico: un ragazzo a cui i medici hanno erroneamente amputato il pene e che gli psicologi hanno cercato di far vivere come una ragazza, senza successo. «David morià suicida -afferma il conduttore- ma ormai la teoria del dottor Money si è diffusa e il termine "genere" viene assimilato dai documenti delle Nazioni Unite [...] Motori di questa ideologia sono i movimenti lgbt, ovvero lesbo, gay, bisex, transgender. A questo punto di chiede il matrimonio fra persone dello stesso sesso, l'adozione consentita a coppie omosessuali, quindi la fecondazione artificiale, l'utero in affitto».

Tralasciando il «quindi» finale e la patetica degenerazione a pregiudizi propagandistici, il discorso merita una riflessione. La definizione di genere che troviamo nei documenti dell'Onu e che viene rivendicata dalle associazioni lgbt non appare nemmeno simile a quella rivendicata dalla radio, dato che si intende «una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo o donna». In altre parole, si rivendica come una persona biologicamente maschile che si sente donna non debba essere obbligata a vivere come un uomo. E questo è proprio ciò che dimostra il caso illustrato da Radio Vaticana, dove una persona spinta a vivere in un genere diverso dal proprio viene spinta al suicidio.
Quando le associazioni gay sostengono che la teorizzazione russa di una fantomatica «propaganda gay» sia assurda, non fanno che sottolineare ciò che l'esperimento citato testimonia: una persona non può essere portata a cambiare il proprio genere o orientamento sessuale da condizionamenti esterni. Allo stesso modo è sempre quella teoria a sostenere l'infondatezza delle fantomatiche «terapie riparative».
Se davvero le Sentinelle in piedi scendessero nelle strade contro una simile ideologia, allora rivendicherebbero le stesse cose che rivendicano i Gay pride! Peccato che generalmente sostengano sia la possibilità di «propagandare» l'omosessualità, sia la possibilità di poter rendere eterosessuali i gay.

Non a caso da lì a poco il tutto è stato nuovamente ridiscusso dall'intervento dell'avvocato Amato che, sopo aver premesso che «il quadro è questo», ha aggiunto come la definizione giuridica dell'identià di genere sia «la percezione che un soggetto ha di appartenere al sesso maschile o femminile, indipendentemente dal proprio sesso biologico». Difficile è capire come una simile definizione possa centrare qualcosa con il caso di una persona che si percepiva maschio ed altri volevano obbligare ad essere femmina.
Da lì in poi il discorso abbandona la via delle definizioni e degenera in una serie di proclami contro il riconoscimento delle unioni gay o i diritti degli omosessuali, sino a sostenere che «in ballo c'è il bene comune, il bene dei nostri figli». Insomma, la solita cozzaglia di affermazioni discriminatorie che pare superfluo commentare. Il punto focale, infatti, è un'altro: a quanto pare neppure le associazioni cattoliche hanno idea di ciò che combattono, perché non ci sarebbe alcun disaccordo se la definizione fosse quella fornita dal conduttore, molta di più se fosse quella fonita da Amato (ma accuratamente non spiegata o documentata nell'introduzione).

Clicca qui per ascoltare lo speciale trasmesso da Radio Vaticana.
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