Regione Lombardia annuncia di voler intervenire per fermare la «propaganda» dei gay


Nell'indecente conferenza stampa di presentazione del convegno omofobo "Difendere la famiglia per difendere la comunità", molto preoccupante è il parere espresso l'assessore alle Culture del Pirellone, Cristina Cappellini. Non solo la donna pare ignorare che la sua posizione istituzionale dovrebbe portarla a garantire i diritti di tutti i cittadini e non solo quelli dei suoi elettori, ma per la seconda volta in pochi mesi si è anche lanciata nel sostenere l'esistenza di una presunta «propaganda gay» (manco fossimo in Russia, ndr).
Parole, motti ed espressioni paiono sottolineare come la sua intera informazioni sui temi lgbt si basi esclusivamente sulle tesi sostenute da giornali ideologici come Tempi o Avvenire, così come c'è da chiedersi se non ci sia un conflitto di interessi nel sostenere di voler promuovere un convegno con l'unico obiettivo di difendere Le sentinelle in Piedi dopo che per mesi ha manifestato la sua vicinanza a quel movimento.
Già a settembre aveva fatto discutere la sua presa di posizione a difesa della scelta della Regione di destinare 60mila euro prelevati dal Fondo di promozione dell'immagine della regione al meeting di Cl, superando di gran lunga le risorse offerte al Festival di Mantova. In quell'occasione dichiarò: «Il Meeting di Comunione e Liberazione è unico, mentre in Lombardia di Festival ce ne sono molti».


Tornando al discorso odierno, ecco la trascrizione del suo intervento:

Il fattore scatenante di questa nostra iniziativa è solo uno: l'indignazione rispetto alla campagna di denigrazione e di repressione messa in campo da molto tempo, soprattutto nell'ultimo periodo, verso le Sentinelle in Piedi e verso tutte quelle realtà che hanno osato sollevarsi contro diverse iniziative, contro anche diverse iniziative legislative come il disegno di legge Scalfarotto.
Tengo a precisare una cosa: la Regione Lombardia non ha nessun interesse ad intervenire nella sfera intima e personale delle persone ma sui risvolti sociali che determinate teorie, determinate campagne portano avanti, sì.
Mi riferisco a quella campagne che addirittura strumentalizzano le persone omosessuali per tentare di disgregare i capisaldi delle comunità che vogliamo tutelare e mettere al centro. Parlo delle teorie gender, ad esempio, la cosiddetta queer culture che man mano sono state introdotte nelle scuole, fatte oggetto delle lezioni persino per i più piccoli e che propagandano e vengono divulgate addirittura con la finalità di annullare le identità sessuali. Ecco, questo a noi ci opponiamo e vogliamo invece rilanciare il tema della famiglia come società, come nucleo fondante delle nostre comunità.
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