Quando Adinolfi si vantava di voler far approvare i matrimoni gay in Italia


Mario Adinolfi è l'emblema di chi ha deciso di arricchirsi attraverso la propaganda dell'odio. Sulla sua pagina continua a utilizzare simboli sacri come fossero strumenti di marketing, così come il nome stesso del suo giornale ("La Croce") appare un'evidente offesa al sentimento religioso di chi non vorrebbe vedere un simbolo della cristianità trasformato in uno strumento di propaganda ideologica e blasfema. Epppure lui l'ha fatto, mettendo anche ben in evidenza il prezzo di vendita.
Ed è proprio nell'ottica di promuovere quella carta straccia che Adinolfi si è lanciato in offese personali e diffamatorie nei confronti del senatore Lo Giudice, vantando come il suo sia l'unico giornale che abbia deciso di aprire la prima pagina con un attacco violento alla legge che potrebbe finalmente garantire dei diritti alle coppie gay e ai loro figli. Curioso, però, è come sino a qualche anno fa Adinolfi andasse in giro a dichiararsi l'unico a voler far approvare i matrimoni gay in Italia.

Ma andiamo con calma. Sappiamo tutti che la carriera politica di Adinolfi è stata del tutto irrilevante. Nel 2012 entrò per miracolo in parlamento e, ancor prima di prendere possesso del suo seggio, Adinolfi fece parlare di sé dopo essersi rifiutato di tornare in anticipo da Los Angeles (dove si trovava a coltivare la su passione per il gioco d'azzardo) dato che un rientro anticipato avrebbe fatto lievitare il costo del biglietto aereo. Il 19 giugno entrò in Aula e si fece subito riprendere dai commessi perché si mise a scattare fotografie con il suo tablet al ministro del Lavoro Elsa Fornero durante la sua relazione sui lavoratori esodati. Il giorno seguente andò a presentarsi al presidente della Camera, Gianfranco Fini, e finì con il ritrovarsi in mutande dopo che la cintura dei pantaloni si ruppe per il troppo grasso. La sua prima dichiarazione politica portò ad un coro di proteste e di richieste di dimissioni: «Sosterrò Elasa Fornero e chiederò la legalizzazione del poker live».
Insomma, il classico esempio di chi crede che il lavoro del parlamentare serva a legalizzare i propri affari e a cercare di mettersi in mostra poter ottenere un qualche trafiletto sui giornali.

Nel gennaio del 2011 riuscì ad ottenere un po' di attenzione mediatica grazie agli insulti omofobi che rivolse al giornalista Alfonso Signorini, quando dichiarò: «Me fa 'na pippa a due mani quel frocetto».
Per difendersi dalle critiche scaturite, sminuì quelle parole dicendo: «Sono battute che capita di fare su Facebook». Poi tirò in ballo il suo fallimentare tentativo di sfidare Walter Veltroni alle primarie del Pd nel 2007 e rivendicò come ai tempi fosse stato «l'unico a proporre un referendum sul matrimonio gay all'interno del Pd». Rigettò anche qualunque accusa di omofobia, sostenendo: «Sono oltre ogni possibile sospetto di discriminazione, anche perché, ogni giorno, la subisco sulla mia pelle, in quanto persona obesa».

Il suggerire un referendum lascia chiaramente intendere che ai tempi sosteneva che la popolazione ara tutta favorevole e che i suoi colleghi non volevano quella norma. Ora sostiene che il Pd la voglia imporre contro la volontà della popolazione.
Insomma, i toni non cambiano mai ma cambiano sempre le tesi sostenuta, pronta ad adattarsi al settore in cui Adinolfi sta cercando di dare carriera. Ma dato che come politico fallì miseramente su tutti i fronti, ora evidentemente vuole cavalcare l'onda di chi è pronto ad accettarlo come leader perché assetato dalla volontà di trovare qualcuno che legittimi la discriminazione. Chissà cosa dirà se si troverà a fallire qualche questa scalata al potere.

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