ProVita: «Le unioni gay sono moralmente disordinate, psicologicamente problematiche e fisicamente negative»


Ormai non c'è più limite agli insulti. All'interno della sua perenne propaganda d'odio nei confronti della comunità lgbt, Notizie ProVita si è lanciata nel creare una serie di articoli disinformativi che potessero spiegare perché le coppie gay non devano avere la benché minima tutela legale.
Un articolo firmato da Alessandro Fiore (nella foto) si apre premettendo che che «il cosiddetto "matrimonio" omosessuale è impossibile in quanto matrimonio. Esiste una ripugnanza di tipo concettuale, prima ancora che giuridica e sociologica» e che «non dovrebbe essere riconosciuto dallo Stato neanche come semplice "unione"». Ci tengono anche a precisare che il termine "matrimonio" viene sempre scritto tra virgolette «perché è tutt'altro che un matrimonio».
Per argomentare tali premesse si sostiene che «lo Stato non può, non solo formalmente, ma neanche sostanzialmente equiparare altre unioni al matrimonio, visto che il matrimonio ha una funzione sociale specifica e imparagonabile. Da questo punto di vista, predisporre un regime uguale o simile a quello del matrimonio di cui all'art.29 cost. per unioni diverse si risolve in una ingiustizia e in una discriminazione verso il matrimonio: lo Stato non può trattare cose diverse in modo sostanzialmente identico e i diritti "speciali" attribuiti ad un istituto devono avere una ragione nella sua "utilità" o funzione sociale».
In altre parole, ci si appella ad una interpretazione già rigettata dalle Corte Costituzionale per sostenete che i matrimoni debbano essere necessariamente eterosessuali e che le coppie gay non abbiano alcuna utilità sociale per lo stato. Eppure la rivista prosegue imperterrita: «C'è una ragione più profonda per la quale lo Stato non può riconoscere nessun tipo di "unione civile omosessuale": perché il fondamento di quel riconoscimento e la ragione dell'attribuzione di diritti "speciali" consisterebbe nello stesso rapporto omosessuale, un rapporto moralmente disordinato, psicologicamente problematico e persino fisicamente negativo».

Scontrandosi con l'ovvietà di come tutte queste tesi si appellino all'integralismo cristiano, ProVita passa immediatamente alla sua consueta auto-assoluzione nell'affermare: «Non si dica che questa ragione è di carattere "confessionale" e che quindi uno Stato "laico" non potrebbe prenderla in considerazione. Non è vero: quella qualificazione del rapporto omosessuale è accessibile anche alla ragione».

Come motivazione "morale" laica si sostiene che «l'unico modo per sfuggire a un relativismo assoluto dei valori morali e a un positivismo giuridico alla Kelsen è di riconoscere un valore normativo alla natura [...] La finalità della dimensione sessuale dell’uomo è chiara e, consistendo essa nella generazione nientedimeno che di una persona, questa finalità non può essere negata o subordinata ad altre, pena un rovesciamento dell'ordine dei valori. Ora è chiaro che il rapporto omosessuale nega la finalità della dimensione sessuale, e questo da un punto di vista razionale-antropologico, prima ancora che religioso». Si sostiene anche che non importa se l'omosessualità esiste in natura dato che i rapporti umani devono essere considerati diversi da quelli animali (in cui, a loro dire, «l'omosessualità tra gli animali comporta una sorta di violenza tesa a dimostrare il predominio sul soggetto sottomesso»).

L'articolo poi prosegue nel sostenere che «il nesso tra l'immoralità dell’atto omosessuale e l’opposizione al finalismo iscritto nella natura dell’essere umano spiega del resto perché da quell'atto (e ancora di più dalla ripetizione abituale di quell'atto) derivino altri disordini, non solo morali ma anche psicologici e fisici. Ormai molti studi e statistiche ufficiali indicano come nella popolazione omosessuale si riscontrino livelli maggiori di problemi come la depressione, l’ansia, il consumo di alcol e di droghe, tendenze suicidarie, certi tipi di cancro».
Anche in questo caso arriva imminente l'auto-assoluzione, volta a sostenere di non essere i primi responsabili di queste situazioni: «che i problemi psicologici e fisici non siano dovuti esclusivamente alla presunta "omofobia sociale" ma a cause intrinseche al rapporto omosessuale è chiaro sia dalla sostanziale invarianza delle statistiche anche in quei paesi con poca o nulla "omofobia sociale", sia, soprattutto, per il fatto che molte problematiche fisiche non hanno relazione con possibili influenze esterne ma sono dovute alle modalità biologiche degli atti omosessuali. Questo vale in particolare per la trasmissione di malattie come l'AIDS, ma non solo».

A quel punto ProVita si lancia in una pruriginosa dei rapporti anali, sostenendo che la penetrazione della vagina comporti minori rischi di contrarre l'HIV. «Direi che non c'è bisogno di particolari dettagli per la capire che forma e funzione hanno un loro significato in natura e un utilizzo non conforme a forma e funzione del corpo -scrivono- chiaramente rende conto della differenza di rischio». Poi, sparando cifre assolutamente prive di fondamento, affermano che «i maschi che hanno rapporti sessuali con altri maschi rendono ragione del 63% di tutti i casi di HIV pur essendo solo circa il 2-3% della popolazione totale».
Curiosamente pare quasi che l'associazione ultracattolica abbia deciso che le lesbiche none esistano (peraltro, stando al loro discorso, dovrebbero essere le uniche a potersi sposare dato che non c'è la penetrazione che loro reputano così dannosa per la società, ndr). Ma forse è il passaggio in cui criticavano l'omosessualità in natura a svelarci la loro vera preoccupazione nel non poter più intravedere tale atto come la legittimazione della sottomissione delle donne
Su queste basi passano a sostenere che «i rapporti omosessuali costituiscono dunque anche un problema di salute pubblica» e che uno stato che legalizza le unioni civili «approverebbe e attribuirebbe diritti sulla base di un fenomeno sia individualmente che socialmente negativo, incentivandolo ulteriormente».

L'articolo prosegue asserendo:

Nello stesso modo in cui i diritti nel matrimonio non sono dell'uomo o della donna presi come individui, ma sono "del matrimonio", cioè hanno la loro ragione giustificatrice in quell’unione complementare, potenzialmente procreatrice, che sta a fondamento della famiglia; così con l'unione civile omosessuale avremmo diritti non degli omosessuali come "individui", ma diritti che sgorgherebbero dal rapporto omosessuale in quanto tale: sarebbero precisamente "diritti dell’omosessualità" o del rapporto omosessuale, non tanto diritti degli omosessuali (con ciò intendendo il presupposto del diritto, che sarebbe non la persona dell'omosessuale ma il rapporto).Il riconoscimento da parte dello Stato di queste situazioni non significherebbe soltanto "passiva" approvazione ma vera e propria promozione sociale dell'omosessualità. È ovvio infatti che se il rapporto omosessuale rappresentasse il fondamento di specifici diritti, esso sarebbe favorito in quanto tale dal pubblico potere: essendo il diritto un "vantaggio" di rilievo sociale, esso rende "appetibile" il presupposto che lo fonda. Per questo motivo lo Stato che riconosce l'unione civile tra omosessuali non fa una scelta da Stato "neutrale e laico", ma da Stato "omosessualista".

Interessante è notare coma qualunque pensiero ispirato alla peggiore propaganda russa e rigettato da qualunque realtà scientifica aconfessionale venga proposto come «ovvio», quasi a suggerire che su questi temi non bisogna farsi domande ma bisogna assimiliate ciò che ci viene detto.
Ed è sempre seguendo le regole della propaganda che ProVita si auto-nomina maggioranza (e detentrice della verità assoluta) nell'asserire:

Sull'omosessualità ci sono astrattamente due posizioni opposte: quella, ad esempio, dei cattolici (ma non solo: è la posizione della ragione) secondo la quale il rapporto omosessuale è in sé disordinato, individualmente e socialmente negativo. Quella degli "omosessualisti" che afferma la "positività" del rapporto omosessuale, sia dal punto di vista individuale che dal punto di vista sociale (posizione che è probabilmente minoritaria).

Il teorizzazione l'esistenza di un'area che detiene la verità assoluta ed un'area «minoritaria» che vuole «omosessualizzare» l'Italia viene proposta per sostenere che lo Stato debba «considerare il valore/disvalore dell'omosessualità come questione indecidibile e non attribuire ad essa addirittura una positiva rilevanza sociale». Si sentenzia così che:

A nulla serve obiettare che lo Stato discriminerebbe così tra orientamenti sessuali, riconoscendo e promuovendo solo quello eterosessuale: non si tratta di “discriminazione” ma di differenza assolutamente ragionevole e normale. A parte il fatto oggettivo della naturalità, positività e rilevanza sociale del rapporto tra persone di sesso diverso, contrariamente a quello omosessuale, anche dal punto di vista formalmente democratico questa differenza è ragionevole: mentre sia la positività/negatività che la rilevanza sociale dell’omosessualità sono ampiamente discusse, la positività e la rilevanza sociale della eterosessualità sono ampiamente condivise, anche dagli stessi omosessualisti, che non starebbero qui a discutere di unioni civili senza aver sperimentato in prima persona (con la loro stessa esistenza e nascita) l’utilità di una sessualità biologicamente complementare.

In conclusione si sostiene anche che i gay vogliono discriminare gli eterosessuali:

Infine, l’approvazione di unioni civili omosessuali dà luogo al tanto discusso fenomeno del pendio scivoloso. Una volta ammesse queste unioni, mancherebbero le ragioni oggettive per non riconoscere i più vari o bizzarri tipi di unione. Limitarsi alle unioni civili per omosessuali risulterebbe anzitutto discriminatorio nei confronti di altri generi di legami tra persone: pensiamo a un forte rapporto di semplice amicizia tra due persone, che siano dello stesso o di diverso sesso. Il legame di amicizia sarebbe meno degno di riconoscimento pubblico per il solo fatto che i due amici non hanno rapporti sessuali anali e simili? Al contrario: al di fuori del matrimonio, questi rapporti sono meno degni (anzi in-degni) dell'amicizia in se stessa. Quanto alle unioni "bizzarre", una volta ammessa l’unione civile sulla base dell’omosessualità del rapporto, non si capisce perché lo Stato dovrebbe "discriminare" le unioni fondate sul "poliamore", fatte di tre o anche più persone.

L'articolo è firmato da Alessandro Fiore (nella foto), direttore delle comunicazioni e caporedattore di ProVita nonché simpatizzante di Forza Nuova.
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