Introvigne: «Se non si vogliono i matrimoni e le adozioni bisogna fermare le unioni civili»


Era prevedibile: la vittoria dei diritti nella cattolicissima Irlanda ha mandato su tutte le furie l'integralismo cattolico italiano, pronto già dalle prime ore a versare fiumi di inchiostro per auspicare che l'Italia possa rimanere una terra medioevale. Tra loro non poteva mancare Massimo Introvigne che, dalle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana, parla di un «referendum a carte truccate» dato che «una gravissima scorrettezza del governo ha sostanzialmente truccato la consultazione referendaria».
Imperturbabile nello scrivere la parola «matrimonio» tra virgolette anche in riferimento ad un'istituto che il 62% della popolazione ha decretato debba avere la stessa valenza senza distinzioni basate sull'orientamento sessuale, Introvigne si lancia subito nel sostenere che i «diritti in Italia ci sono già» dato che i gay a livello privatistico è possibile avere diritti come la «visita al convivente in carcere e in ospedale, subentro nel contratto di affitto, una certa protezione in caso di morte del convivente». Poco importa se i diritti non siano uguali e se si sostenga che i gay non debbano osare chieder nulla di più di ciò che lo Stato garantirebbe anche a due amici: secondo lui i veri diritti devono essere un privilegio riservato sulla base di un diritto di nascita dettato dall'orientamento sessuale.
Poi ha aggiunto anche che «la maggioranza degli europei, anche in Occidente, è contraria alle adozioni omosessuali» e quindi il governo irlandese avrebbe commesso un'ingiustizia nell'approvare le adozioni proprio evitare che la Chiesa potesse strumentalizzarla per cercare di impedire il riconoscimento dei matrimoni:

Ne consegue che in qualunque campagna politica o referendaria sulle unioni omosessuali l'argomento più forte e convincente è: «Attenzione: se passa il “matrimonio” omosessuale, anche nascosto sotto nomi eufemistici come fa in Italia il disegno di legge Cirinnà, le adozioni omosessuali verranno di conseguenza – e seguirà anche l’utero in affitto». Anche in Irlanda, quando si cominciò a discutere di «matrimonio» omosessuale, quello delle adozioni era l’argomento che più impressionava l’opinione pubblica, e dava ai sostenitori del «no» serie speranze di prevalere.

Insomma, si palesa come la strumentalizzazione di argomentazioni che nulla hanno a che vedere con il tema debbano essere legittime perché altrimenti non si ha nulla da dire per poter vincere. Tolta dunque la possibilità di sostenere che i matrimoni gay debbano essere vietati nel nome dei bambini, ci si lamenta che:

Le unioni civili irlandesi, come quelle che esistevano in Inghilterra prima che cambiassero nome in «matrimonio» nel 2013 e come quelle che vuole introdurre in Italia il disegno di legge Cirinnà, erano in tutto uguali al matrimonio, salvo l'adozione. Introdotta l'adozione per legge, le unioni civili in Irlanda erano assolutamente identiche al matrimonio in tutto, tranne che nel nome. Certo, i sostenitori del «no» al referendum si sono sgolati a ripetere che i nomi sono importanti. Ma una cosa è votare sulla sostanza delle cose, un'altra sul nome. Il referendum irlandese del 22 maggio lasciava ai cittadini la possibilità di decidere solo sul nome. Non sul resto.

Fermo restando che a questo punto ci sarebbe da domandarsi se non sia un'ingiustizia che Introviggne possa avere una famiglia senza una consultazione popolare che possa de decidere se quello sia un diritto che gli altri vogliono concedergli (troppo facile è voler scegliere per gli altri senza sottomettersi al medesimo giudizio, ndr), in commentabili sono le tesi finali a cui il suo articolo giunge:

Ne vanno ricavate due lezioni per l'Italia. Primo: il fronte pro family sia attento alla possibilità che qualcuno -da noi, all'italiana, magari più i giudici che il governo- riproponga il gioco delle tre carte irlandese, introducendo le adozioni per le coppie omosessuali, e già che ci siamo anche l'utero in affitto, per svuotare di contenuto il dibattito sulle unioni civili e il «matrimonio» fra persone dello stesso sesso. Segnali in questo senso non mancano.
Secondo: la battaglia va fatta sulle unioni civili, che non sono un modo di riconoscere i diritti dei conviventi alla visita in ospedale e in carcere -ripetiamolo: in Italia ci sono già- ma un «matrimonio» sotto falso nome.

[...]

Ora gli attivisti LGBT esultano per il risultato irlandese. Ma è una battaglia che avevano già vinto nel 2010, quando introdussero in Irlanda unioni civili in tutto uguali al matrimonio, tranne che per le adozioni, tempestivamente introdotte prima del referendum. L’insegnamento è chiaro: se non si vogliono i «matrimoni» e le adozioni bisogna fermare le unioni civili. Dopo è troppo tardi. In Italia il disegno di legge Cirinnà va fermato ora. Rimandare la battaglia a quando cambieranno il nome delle unioni civili in matrimonio significa averla già persa. Per questo combattono i movimenti pro family, e per questo vegliano le
Sentinelle in Piedi.
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