Prosegue il terrorismo de Il Giornale: «La lobby gay vuole incarcerare coloro che dissentono»


Prosegue inarrestabile la campagna d'odio e di disinformazione del Il Giornale. Una campagna i cui effetti già si vedono nei commenti ai loro articoli, ricolmi di persone pronte a chiedere atti violenti che costringano i gay a vivere nella paura.

L'articolo di Gian Maria De Francesco si intitola "Adozioni ai gay e figli in provetta, Renzi smonta i diritti naturali" e già nell'occhiello di lancia nel sostenere che «l'esecutivo porta avanti un'azione politica tesa a destrutturare i nuclei tradizionali. E con il reato di omofobia chi è contrario alle nozze gay rischia di finire in galera». Ovviamente sono tutte affermazioni false, ma l'articolo tenta di incuneare quanta più paura possibile sin dal suo incipit: «Incarcerare coloro che dissentono. Il governo Renzi non lo ammetterà mai chiaramente, ma l'azione politica portata avanti in Parlamento sembra seguire un percorso di sostegno alle richieste delle lobby lesbo-gay-bisex-trans».

Il problema su cui si basa la polemica è che lo stato non finanzia a sufficienza le scuole cattoliche: «ogniqualvolta il centrosinistra sblocchi le dotazioni per le scuole cattoliche -lamentano- non manchi mai chi si senta in diritto di alzare il sopracciglio, dalla sinistra Pd fino al draconiano Rodotà che vorrebbe veder spianato tutto ciò che non è scuola pubblica». In realtà è la Costituzione a prevedere che le scuole private non possano garantire di fondi pubblici, ma senza particolari collegamenti logici l'articolo prosegue nel puntare il dito contro i gay: «Un chiaro esempio è rappresentato dal ddl Cirinnà, la cui approvazione è stata promessa entro l'estate. Si equiparano di fatto le unioni omosessuali al matrimonio. Un aiuto che va al di là di pratiche di buon senso come la reciproca assistenza e il subentro nei contratti di affitto. Il ddl Cirinnà, oltre alla reversibilità dei trattamenti pensionistici, prevede la stepchild adoption . Si tratta della possibilità per la "coppia" di adottare il figlio biologico di uno dei due partner».

Non manca poi un attacco alla legge per il contrasto dei crimini a sfondo omofobo, che secondo Il Giornale è un qualcosa che minaccerebbe la libertà di chi odia i gay: «A Palazzo Madama è pure in stand by il ddl Scalfarotto -scrive- che porta il nome del sottosegretario attivista dei diritti gay. La proposta introduce il reato di "omofobia" prevedendo pene da sei mesi a sei anni per "chi propagandi idee sulla discriminazione sessuale o istighi alla violenza". La materia è delicata perché prefigura un reato d'opinione e lo stesso Scalfarotto non è stato preciso in merito. In buona sostanza, se la legge venisse approvata così com'è, rischierebbe la galera chi dichiara apertamente e con toni forti la propria contrarietà al matrimonio gay o alle adozioni delle famiglie omosessuali, essendo prevista la procedibilità su querela».
Si giunge così a sostenere la tesi finale che deve essere accattata come una verità assoluta dai lettori, ossia il sostenere che l'estensione dei diritti o la tutela da aggressioni siano cose da ritenersi «ostili alla famiglia tradizionale».

Ma l'articolo non si chiude lì e decide di raccontare un po' di altre balle riguardo ai "rischi" che la scuola correrebbe se il bullismo omofobico venisse contrastato. Basandosi sulle peggiori tesi dei più biechi omofobi, Il Giornale sostiene che «è un evidente tentativo di introdurre surrettiziamente la teoria gender della libera scelta del proprio genere sessuale (non della propria sessualità, beninteso)» come se «sentirsi uomo o donna equivalesse a scegliere un abito».
Al limite del tragicomico è il finale, dove il giornale berlusconiano (uomo con due due divorzi alle spalle e con una serie di storie legate a minorenni che sono state strenuamente difese dal quotidiano) si lancia in un'accusa morale verso la proposta di legge sul divorzio breve, sostenendo che il matrimonio sia stato reso «una pratica usa e getta» e che «all'Alta Corte manca solo di consentire a single e gay l'accesso alla fecondazione assistita per mercificare ulteriormente la vita».
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