La Cassazione dice «no» alla sterilizzazione forzata per le persone transessuali


Con una sentenza storica, la prima sezione della Corte di Cassazione ha deciso che per ottenere la rettificazione degli atti anagrafici non è obbligatorio l'intervento di adeguamento degli organi riproduttivi.
Il ricorso era stato presentato una persona trans di 45 anni che nel 1999 aveva già ottenuto una sentenza che l'autorizzava all'intervento chirurgico. Ciononostante aveva rinunciato alla demolizione e ricostruzione chirurgica dei propri caratteri primari dato che da tempo aveva raggiunto il pieno equilibrio psico-fisico che da 25 l'avevano portata ad essere socialmente riconosciuta come donna. Il tribunale di Piacenza e la corte d'appello di Bologna avevano però respinto la sua richiesta di rettificazione dello stato civile, ritenendo che la modificazione degli atti anagrafici dovesse essere subordinato al trattamento chirurgico sui caratteri sessuali primari.
La sentenza è così giunta in cassazione ed i giudici hanno stabilito che «la percezione di una disforia di genere (secondo la denominazione attuale del D.S.M. V, il manuale statistico diagnostico delle malattie mentali) determina l’esigenza di un percorso soggettivo di riconoscimento di questo primario profilo dell'identità personale né breve né privo d'interventi modificativi delle caratteristiche somatiche ed ormonali originarie. Il profilo diacronico e dinamico ne costituisce una caratteristica ineludibile e la conclusione del processo di ricongiungimento tra "soma e psiche" non può, attualmente, essere stabilito in via predeterminata e generale soltanto mediante il verificarsi della condizione dell'intervento chirurgico».
E ancora: «L'interesse pubblico alla definizione certa dei generi, anche considerando le implicazioni che ne possono conseguire in ordine alle relazioni familiari e filiali, non richiede il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità psico fisica sotto lo specifico profilo dell’obbligo dell’intervento chirurgico inteso come segmento non eludibile dell’avvicinamento del some alla psiche. L’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigoroso accertamenti tecnici in sede giudiziale».

Maria Grazia Sangalli, presidente di Rete Lenford, ha espresso la la propria soddisfazione per l'esito del procedimento «che ha finalmente chiarito che l'intervento chirurgico di riassegnazione -quando non è frutto di una scelta personale- è uno strumento lesivo dell'integrità fisica e della dignità umana. In molti casi, le terapie ormonali e gli interventi sui caratteri sessuali secondari garantiscono alla persona di raggiungere il proprio equilibrio e fissare la propria identità di genere a prescindere dalla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali primari, che comporta interventi dolorosi, invasivi e con conseguenze negative in un’alta percentuale di casi».

Solo pochi giorni fa anche l'Irlanda aveva approvato una legge che permette il cambio di genere in base all'autodeterminazione delle persone transessuali senza la necessità della sterilizzazione chirurgica. Prima di lei solo Malta, la Danimarca e l'Argentina avevano approvato leggi simili.
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