Avvenire sta con don Abbondio


È con un lungo articolo che Avvenire ha preso le difese di Kim Davis, una funzionaria del registro della contea di Rowan (nel Kentucky), che si era appellata alla sua libertà di coscienza nel sostenere di non voler rilasciare licenze matrimoniali a coppie formate da persone dello stesso sesso. Anche dopo il pronunciamento della Corte Suprema (che ha affermato come il dichiararsi cristiani non esuli dal rispettare la legge) la donna ha annunciato che continuerà a non concedere licenze matrimoniali alle coppie gay.

Utilizzando le solite virgolette piazzate lì solo per offendere la dignità delle persone omosessuali, il giornale dei vescovi racconta:

La vicenda è cominciata oltre due mesi fa, quando il massimo tribunale Usa ha sancito (a proposito del caso Obergefell contro Hodges) il “diritto costituzionale” al matrimonio fra persone dello stesso sesso. In base alla disposizione, tutti gli Stati, dunque, hanno l'obbligo di adeguare le proprie leggi a tale dettato. Immediatamente è apparso il carattere controverso di tale scelta. Fin dal principio, si erano levate voci in difesa della libertà di coscienza, riconosciuta dal Primo emendamento. La sentenza della Corte non ne ha, di fatto, tenuto conto. Il diritto all'obiezione, dunque, si sarebbe trasformato, nel giro di poco tempo, nel terreno di scontro tra il principio costituzionale e la decisione del tribunale. E, in effetti, così è stato.

Dilungandosi in tutta un'altra serie di giri di parole, il giornale dei vescovi pare affermare con certezza che una persona che si dichiara cristiana debba avere il diritto di poter calpestare i diritti costituzionali altrui solo perché sostiene che sia Dio a volerlo. Una rivendicazione che portata all'estremo potrebbe anche legittimare l'omicidio o lo stupro se ritenuti un volere divino.

Ma a destare curiosità è come Avvenire abbia cercato di mettere in cattiva luce i querelatati, sostenendo quasi che il loro pretendere il rispetto dei propri diritti sia una una violenza nei confronti di chi li vuole negare. Riportando con enfasi le parole dell'avvocato della donna, affermano: «il rappresentante della donna, ha voluto ricordare come sia assurdo imporre a Davis di scegliere fra le proprie convinzioni religiose e il lavoro. Anche perché le coppie gay possono richiedere la licenza matrimoniale altrove».

Il sostenere che basti proclamarsi religiosi per poter calpestare i diritti altrui è grave, ma diventa violenza se ci si giustifica dicendo che in fondo la propria vittima può cercare qualcun altro che gli garantisca i diritti che gli si vogliono negare. È come schierarsi dalla parte di don Abbondio, sostenendo che Lucia non avrebbe dovuto rompergli le scatole dato che poteva benissimo rivolgere a fra Cristoforo. Eppure a scuola la figura di don Abbondio non viene presentata certo come positiva, ma l'unica differenza è che gli sposi erano Renzo e Lucia e non Renzo e Lucio.

Ma volendo ci si potrebbe anche spingere oltre. Giustamente anche Avvenire prende difese dei cristiani che vengono perseguitati laddove rappresentano una minoranza. Ma se dovessimo prendere per buono il loro discorso e riportarlo a quel contesto, allora ci troveremmo costretti a dire che gli integralisti hanno ragione a cacciarli. E non potremmo neppure parlare di discriminazione, dato che i cristiani perseguitati potrebbero non esserlo più se se ne andassero altrove (così come la donna chiede che i due sposi facciano).
Anche qui l'unica differenza è che negli Stati Uniti sono due gay ad essere discriminati, mentre nel secondo caso la violenza colpisce persone a loro più gradite. Vien da sé che la discriminazione dovrebbe essere sempre condannato a priori e qualunque distinguo basato con la simpatia che si prova nei confronti della vittima non può che risultare un'incitazione all'odio.
Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te, si diceva. Ma qui si rivendica l'esatto contrario, ossia il voler infliggere agli altri ciò che non si vuole subire.
2 commenti