Un flop lo sciopero anti-gender dell'integralismo cattolico. Registrate solo lo 0,37% di assenze (come in un giorno normale)


«Migliaia di lettere inviate al Miur, altrettante assenze da scuola! Grazie. Ora Stefania Giannini ci deve ascoltare! #StopGender». È questo il pomposo messaggio con cui la Manif pour tous (ora ribattezzata Generazione Famiglia) annunciava il grande successo del suo sciopero. L'idea era semplice: danneggiare i propri figli tenendoli a casa da scuola per danneggiare i figli degli altri qualora non fossero stati eterosessuali.

Peccato, però, che quel messaggio sia stato inviato alle 7:57 del mattino, ossia prima dell'apertura dei cancelli. Diventa quindi difficile capire come abbiano calcolato le assenza ancor prima che la giornata scolastica avesse avuto inizio. Ed infatti quei dati paiono non avere conferme.
Gli unici dati sono quelli diffusi dal Miur, nei quali si parla di uno 0,37% di assenze. Praticamente una giornata comune, con numeri forse inferiori a quelli che si si sarebbe potuti aspettare in una giornata che l'integralismo cattolico aveva strategicamente collocato nel venerdì antecedente il lungo ponte dell'Immacolata.

Tutte le realtà dell'integralismo cattolico avevano congiuntamente annunciato che il 4 dicembre sarebbe divenuta la Giornata Nazionale per il Diritto di Priorità Educativa della Famiglia. L'iniziativa era stata promossa da Generazione Famiglia e co-promossa dall'associazione ProVita, dai Giuristi per la Vita e da Voglio la Mamma di Mario Adinolfi. A detta degli organizzatori, quella sarebbe dovuta esse «una giornata in cui tutte le famiglie ribadiscono che l'educazione dei bambini spetta primariamente a loro, e solo in via sussidiaria alla scuola». Da qui l'invito «a tutte le persone preoccupate per l’introduzione delle teorie gender» di non mandare a scuola i figli per fornire «un valido aiuto nella promozione dei diritti della famiglia e nell'opposizione ad ogni indottrinamento gender fatto sulla pelle dei bambini». Non ha risposto praticamente nessuno, nonostante tutte le principali realtà di promozione dell'omofobia si fossero coordinate in un'unica azione.

Lo scorso novembre fu profetico Franco Grillini, che commentò la notizia notando che finalmente avremmo potuto contare quante persone realmente credono alla favola del «gender». Anche a voler essere ottimisti e volendo ipotizzare che nessuno studente sia rimasto a casa per malattie o per altri motivi, il dato massimo ipotizzabile è lo 0,37%.
Sarà forse che gli italiani non credono alla bufala del gender? O sarà forse che la maggior parte delle famiglia ha piacere nel sapere che i propri figli verranno educati alla parità di genere, all'accoglienza delle diversità e all'educazione sessuale (tra le richieste c'è anche il sostenere che debba essere la famiglia a decidere se informare o meno i figli riguardo ai rischi delle malattie sessualmente trasmissibili, anche a costo di farli ammalare qualora i genitori preferiscano non parlargli di prevenzione o di profilattici).

Ma il dato ci apre la strada anche ad un'altra evidenza. C'è uno 0.37% del paese che sta privando dei propri diritti il 10% della popolazione mentre tiene in pugno un'intera nazione. E tutto questo solo perché a finanziarli e a promuoverli è la Chiesa Cattolica. Tanto basterebbe per poter parlare di un'emergenza democratica.
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