Il figlio ha ucciso un uomo, ma Marco Foffo ci tiene a precisare: «Non è gay»


La stampa continua a dare ampio spazio al caso Varani, motivo per cui si si può imbattere in articoli che riportano come Marco Foffo, padre di uno dei due assassini, sia andato in televisione a dichiarare: «Mio figlio non è gay, Prato lo ricattava con un video».
In realtà non è nulla di nuovo, dato che quella è la versione fornita anche dai verbali. Anzi, a ben guardare è Mario Adinolfi ad aver insinuato che Foffo fosse gay ed è stato lui ad partire quell'insopportabile filone che vede la stampa cattolica e di estrema destra bramosa di sostenere che l'omosessualità renda assassine le persone e che quindi sia necessario fermare il ddl Cirinnà. Insomma, è un gioco politico in cui un giovane ucciso è manna per chi vuole sciallare il suo cadavere per ottenere profitto.
E se nulla potrebbe essere meglio di vedere le menzogne di Adinolfi ancora una volta sbugiardate sulla stampa nazionale, difficile è non notare come quell'affermazione stoni. Una persona ha il figlio che ha torturato e ucciso un'altra persona, ma la sua priorità è negare che sia gay. Si ha quasi l'impressione che nell'Italia omofoba dei vari Adinolfi e Amato, l'omosessualità sia considerato un qualcosa di più infamateti del commettere un omicidio.
Certo, bene sarebbe mettere in riga Il Giornale e quegli altri organi di stampa che vogliono dare all'orientamento sessuale un significato strumentale, ma sinceramente c'è da chiedersi perché mai si difenda l'eterosessualità del figlio anziché la su a innocenza.
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