L'arcivescovo di Torino attacca la Appendino e chiede che l'eterosessualità garantisca maggiore dignità


Prosegue senza sosta l'aggressione della Chiesa Cattolica contro la dignità delle famiglie gay. L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, è intervenuto sul tema delle unioni civili per sostenere che «alla famiglia non ci sono “alternative”. Le altre forme di unione civile, pur riconosciute dalla legge, non possono essere equiparate nella natura giuridica come nell’organizzazione sociale».
Siamo dinnanzi ad frase che contrasta con i pronunciamenti di una Consulta che ha sottolineato come anche le coppie gay abbiano il diritto costituzionale ad una vita familiare, anche se i prelati battono i pugni per terra e piagnucolano nel loro sostenere che solo gli eterosessuali debbano veder riconosciuti i loro affetti e i loro pieni diritti. I gay no, perché per la Chiesa Cattolica sostiene che la loro esistenza sia un errore di Dio a cui l'integralismo cattolico sta ponendo rimedio attraverso distinguo di stampo fascista.
Ma l'ingerenza dell'arcivescovo non poteva certo esimersi dal minacciare la laicità dello stato, dato che l'uomo non si è certo trattenuto dall'aggredire il Sindaco. Ad averlo infastidito è come la Appendino abbia chgiarito la volontà di garantire pari dignità ad ogni tipo di unione, indipendentemente dalle persona con cui si va a letto. Ed è così che il sacerdote dice che la famiglia «composta di papà, mamma e figli» va riconosciuta nella sua specifica soggettività sociale. Poi se in quella stessa soggettività sociale ci finiscono anche le famiglie eterosessuali senza figli non pare interessargli, l'importante è che l'amore tra due uomini valga meno di quello tra un uomo una donna.
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