La Russia censura i gay nel saluto a Ban Ki Moon
L'isteria omofoba della Russia pare non conoscere limiti né decenza. Mosca ha infatti posto il suo veto al messaggio che di ringraziamento a Ban Ki Moon che il 1° gennaio si ritirerà a privata dopo 10 anni passati a ricoprire il ruolo di Segretario generale dell'Onu.
A mandare Mosca su tutte le furie è la frase in cui si sottolineava che il nordcoreano avesse «ascoltato ed assistito le donne, i giovani e i membri della comunità omosessuale» e che grazie a lui oggi «le loro voci sono più forti ed ascoltate sia alle Nazioni Unite sia nel mondo». Troppo per lo stato che si alleò con l’Arabia Saudita, la Cina e l’Iran per tentare (senza riuscirsi) di abolire il provvedimento con cui l'Onu riconosceva i matrimoni fra persone dello stesso dei propri dipendenti. Troppo per uno stato che finanza l'omofobia neofascista in Europa e che si pone come una Terra Promessa per tutti quegli integralisti che sognano campi di sterminio per i gay.
E dinnanzi ad una Russia che ha esplicitamente chiesto che la parola "omosessuali" venisse tolta, triste è constatare come il documento finale non la contenesse: nel saluto letto al Palazzo di Vetro, al posto di citare «le donne, i giovani e i membri della comunità omosessuale» si parlava genericamente di «individui vulnerabili e marginalizzati». E se si considera come le realtà filo-russe negano che i gay siano discriminati dato che è doveroso ritenerli inferiori e senza diritti, di fatto si è rinnegato il messaggio iniziale nel nome del disprezzo che il Cremlino fomenta contro interi gruppi sociali con azioni che ricordano un po' troppo da vicino le azioni di alcuni regimi del secolo scorso.