I cattolici che vogliono imporre il velo alle donne


Sbaglia chi spera di poter fare differenze tra l'integralismo cattolico e quello cristiano: l'integralismo è sempre tale. Se i proclami omofobi non sono dissimili così come non dissimile sono le modalità di reclutamento di milizie incaricate di spargere l'odio e proclamare la presunta "verità" dei loro leader, è attarverso un'imbarazzante disforia che quei medesimi gruppi politici impegnati nel tirare in ballo il velo islamico come pretesto per il razzismo siano poi medesime persone che propongono di imporre il velo cristiano alle donne occidentali.
Non più di qualche mese fa, fu uno dei sito di Riccardo Cascioli a sostenere la necessità di imporre il velo, affermando che «l'uomo, diversamente dalla donna, è immagine e gloria di Dio. Per questo le donne devono sottomettersi con l'uso del velo».
Ad appoggiare tale tesi si sono ora aggiunti i militanti di Radio Spada, pronti a sostenere che «in ogni caso il velo conferisce un alto senso di raffinatezza» E dicono anche che «sull’aspetto dell’opportunità i dubbi sono pochi» perché andrebbero notati tre aspetti:

1) la pratica cattolica del velo per le donne nei luoghi di culto non è mai stata formalmente abolita.
2) Se nel nuovo Codice di diritto canonico non se ne fa esplicita menzione, va sottolineato che quello del 1917 prescriveva alle donne di tenere il capo coperto in Chiesa, soprattutto al momento della Santa Comunione.
3) San Paolo nella prima lettera ai Corinzi scriveva: Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.

E riproponendo come tema di approfondimento un articolo dall'inequivocabile titolo "La donna deve portare sul capo il segno dell’autorità di Cristo sulla natura umana", ci ritroviamo dinnanzi a chi vorrebbe riproporre alla donna (e solo alla donna!) un segno di sottomissione che mostri quanto le si ritenga inferiori all'uomo e immeritevoli di pari dignità.
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