Silvana de Mari: ecco perché la radiazione non basta


L'ordine dei Medici di Torino ha aperto un procedimento nei confronti della signora Silvana de Mari in seguito alla numerosissime segnalazioni di cittadini indignati dinnanzi ad una tizia che andava in giro a dire che «da medico» era certa che i gay debbano essere reputate persone anormali e legate alla pedofilia. Il massimo del provvedimento che si potrà ottenere è la sua radiazione dall'Albo. E se tale atto pare doveroso per garantire la serietà della categoria professionale e per ristabilire la verità scientifica dei fatti, non può e non deve bastare.
Se ci accontentassimo, potremmo stare certi che l'integralismo cercherebbe si sfruttare la situazione a proprio vantaggio per parlare di fantomatiche «gaystapo» intenzionate a violare il loro «diritto di parola». Ma qui la censura non c'entra nulla, così come non c'entra quando si parla dei proclami di Mario Adinolfi o di Gianfranco Amato. Il tema non può essere il disquisire riguardo al fatto che loro abbiano il diritto di odiare interi gruppi sociali, perché ce l'hanno. Per quanto disgustoso ed immorale sia, la Costituzione garantisce loro il diritto di provare odio verso chiunque vogliano. Il tema è e dev'essere il voler appurare se le loro gesta pubbliche li rendano responsabili di un danno inferto ad altri.
Per fare un esempio, non può e non deve interessarci se Costanza Miriano sia convinta che l'omosessualità debba essere ritenuta un qualcosa che si può "curare", il tema è verificare se le dichiarazioni pubbliche da lei rilasciate possano essere la causa che spinge alcuni genitori a compiere azioni che rischiano di spingere alla depressione o al suicidio i loro figli (così come peraltro sostengono le statistiche in tema di fantomatiche "terapie riparative"). Quello è il punto. Qualora si appurasse che le parole della Miriano abbiano contribuito al malessere di quegli adolescenti, allora nessuno potrebbe più invocare il diritto di parola. Sarebbe come invocare il diritto di espressione per giustificare un assassinio dinnanzi alla giuria...
Serve un giudizio definitivo, da parte di un giudice competente ed indipendente, altrimenti potremo stare qui altro quarant'anni a doverci sorbire i loro gli insulti quotidiani e le loro diffamazioni in una guerriglia combattuta sui social e sulle pagine di giornale.
Diciamola chiara: probabilmente a nessun gay interesserà mai di stare simpatico o di poter uscire con la signora De Mari a bere una birra assieme e quindi a nessuno importerà mai cosa lei pensi dei gay, quello che ci interessa è che lei non possa andare in giro a raccontare falsità ai nostri amici e alle nostre madri, come le sue illazioni su ciò che si fa nel proprio letto o i suoi inaccettabili accostamenti alla pedofilia. Il fatto che lei vada in giro a dire queste cose procura un danno ed quello è il tema: quel danno va riconosciuto da un'autorità competente. E ricirdiamoci anche di come la legge preveda che un danno appurato debba essere anche ripagato (tanto lei si crede la miglior scrittrice di tutti i tempi e quindi sicuramente avrà abbastanza soldi per finanziare i rifugi dei ragazzi che sono stati cacciati di casa anche a causa delle sue parole).
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