Anche il Corriere della Sera demonizza i gay: «Fanno sesso con chiunque, senza protezione. Si mandano foto finte perché storditi dalle droghe non si riconoscono»


Continua senza sosta la campagna di demonizzazione dei gay da parte della stampa italiana. Al servizio delle Iene si aggiunge ora anche il Corriere della Sera, pronto a descrivere i gay some dei drogati immorali che non meritano alcun rispetto. L'affondo è contenuto in un articolo di Leonard Berberi dal titolo "Viaggio nel sesso estremo gay".
Quasi come se all'interno del mondo etero none esistessero locali promiscui, il giornalista inizia a raccontare con toni pruriginosi quanto i gay siano da intendersi come delle bestie schifose. Scrive:

L’appuntamento è per le 16. L’edificio è stato trasformato in una sauna. È domenica e tra poco arriveranno molti giovani, tutti maschi, italiani e stranieri, «convocati» per una ragione: fare sesso, con chiunque, con o senza protezione, a base di sostanze stupefacenti, dal popper (un vasodilatatore) alla cocaina. «Speciale orgia gay giovani», c’è scritto sulla locandina di presentazione inviata su Grindr e Hornet, due app per incontri che una minoranza degli omosessuali sfrutta per organizzare rapporti di gruppo.

Se in realtà Grindr e Hornet sono app per incontri e non per l'organizzazione di sesso di gruppo, il giornalista prosegue imperterrita la sua condanna sociale:

È uno degli eventi estremi che vanno in scena a Milano. In locali e case che sono diventati quasi un punto di riferimento per chi cerca un certo tipo di divertimento. Questo è vicino a via Padova, in uno stabile lontano dai luoghi dove la comunità Lgbt si ritrova per conoscersi e bere. «È una festa medio-grande e per under 33», chiarisce l’organizzatore. L’ingresso -in questo e in altri posti visitati- è riservato a chi ha la tessera Anddos (10 o 17 euro all’anno), l’associazione finita al centro dell’inchiesta delle Iene perché in alcuni suoi circoli si praticherebbe la prostituzione maschile mentre in parallelo l’ente riceve finanziamenti pubblici. «Che problema c’è? Queste feste le fanno ovunque in Europa, a Berlino e Amsterdam e Parigi», sembra voler giustificare l’appuntamento. Che sarebbe un «chemsex party», miscuglio di musica, droghe, sesso che dura ore.

Pare che l'articolo stia puntando il dito contro il Fenix Sauna, anche se sul sito del circolo non c'è alcuna locandina che pubblicizzi un «chemsex party». E pare strano anche che in una casa privata si chieda una tessera associativa, ma probabilmente noi siamo degli ingenui e il Corriere sa verità che il mondo non conosce.
Ma in realtà tutto il discorso e tutta lo stigma vomitati dal giornalista vengono messi in crisi dalle sue stesse contraddizioni. Dopo la sua condanna morale, le affermazioni riguardanti Grindr vengono messe in crisi quando si inizia a parlare di chi le usa per scopi diversi da quelli per cui sono state create. Sarebbe come dire che è colpa di Whatsapp se qualcuno scrive messaggi illeciti attraverso il loro servizio. Nel capitolo "Viaggio nelle giornate selvagge di Milano" l'autore scrive:

Grazie alle applicazioni per telefonini (create per altre ragioni), tra studenti e turisti, giovanissimi e attempati, omosessuali, bisessuali e «curiosi», single e sposati, famosi e non, prostituti e spacciatori che riescono a vendere ogni genere di sostanza stupefacente. Ci sono, denuncia più di qualcuno, pure rapinatori e ricattatori. E ci sono anche sedicenni che fingono di essere 19-20enni nei profili delle app. Tutti che orbitano attorno al mondo digitale di Grindr e Hornet e Scruff per trovare il rapporto sessuale o il divertimento di gruppo. Si tratta di programmini che si installano sugli smartphone e, grazie al gps, mostrano su una schermata scorrevole tutti i profili più vicini degli uomini iscritti.

Si, esatto, è esattamente come quel Tinder che gli etero usano per i medesimi scopi. Uno etero si registra e cerca le donne disponibili più vicine a lui. Ma dato che il processo è ai gay e non agli etero, è contro le applicazioni per gay che si punta il dito. E come per le Iene, anche qui spunta un presunto testimone che pare ami raccontare ai giornalisti che i gay sono esseri inferiori:

In questo viaggio tra club e palazzi abbiamo raccolto le storie di decine di fruitori delle app. Ritrovarsi in questi chemsex party è più facile di quel che sembra. «Il trucco è non presentarsi subito», racconta il nostro Cicerone, un 30enne, che ci spiega anche la terminologia, fatta di sigle e codici, pena l’estromissione da qualsiasi dialogo successivo. «Se non comunichi come loro capiscono che o sei un pivello o, peggio, un “infiltrato”». La tempistica, poi, permette di «entrare in una casa senza avere tante noie, persino dopo aver mandato una foto finta, sono così storditi dalla droga che a malapena si ricordano chi hanno invitato».

Il discorso sembra incomprensibile. Se in precedenza si era fatto il nome di un locale per cercare di tirare in ballo l'associazione Anddos, qui si inizia a dire che in realtà si è all'interno di una casa privata. Certo, ci tengono a sottolineare sia tratti di una casa popolata da gay e non da donnine con le tette al vento così come piace ai buoni cristiani, ma di fatto è una casa privata. Ed è presentando appartamenti privati come se fossero locali, aggiungono:

Uno dei «centri» più attivi nei chemsex party è questo appartamento vicino a San Babila. «Siamo in cinque e altri ne arriveranno», esordisce su Grindr Andrea (questo e altri nomi sono stati cambiati per non renderli identificabili, ndr), 30 anni. Poi invia un numero di cellulare e un indirizzo. «Bb?», chiede. «Sta per “bareback”, sesso non protetto», traduce il Cicerone. «Siete tutti sani?», chiediamo. «Io non so, uno è poz, agli altri non l’ho chiesto». «Poz» sta per sieropositivo. «Vuoi venire o no?», si spazientisce. Sono le due di notte. All’ingresso compare Andrea. Strafatto. Non chiede nemmeno chi siamo. Alla camera da letto — da dove arrivano suoni inequivocabili — si accede da due corridoi separati. In cucina ci sono cocaina in polvere su carta di alluminio, popper e Mdma. Dentro al forno a microonde c’è il crack. Quattro persone sono sul divano, altre tre si aggiungeranno. Una coppia tedesca si affaccia, poi se ne va. Vicino ai fornelli ci sono diverse bottiglie di Coca Cola e lattine di Red Bull. C’è un via vai tra il materasso e la cucina. I partecipanti si prendono una pausa drogandosi e dissetandosi. Pure questo giovane arrivato — dice — appositamente dalla Bergamasca per il chemsex party. Nello stanzone da letto, intanto, sta andando avanti un miscuglio di rapporti non protetti e popper. Qualcuno si affaccia a guardare la scena. È tutto surreale. Da un lato ci sono i partecipanti del festino. Dall’altro curiosi che intanto rispondono a messaggi su WhatsApp, danno un’occhiata ai profili Facebook e Instagram. Nel frattempo Andrea, l’organizzatore, invita altre persone a raggiungerli.

Ma dinnanzi a quella che viene descritta come un piaga sociale, i numeri paiono smentire l'enfasi dell'articolo quando si arriva al passaggio in cui si dichiara:

In media a Milano abbiamo contato anche dieci chemsex party a settimana. La metà tra venerdì e sabato. La «grandezza» varia — confermano molti tra quelli che partecipano — e di solito non si scende sotto i 5-6 individui.

Esatto, si stanno lamentando se 50 o 60 persone si drogano in una metropoli di 1.349.912 abitanti. E questo senza neppure osservare che per raggiungere qui numeri hanno dovuto pescare tedeschi e bresciano, portandoci a dover parlare di 50 o 60 persone sulla popolazione dell'intero hinterland milanese. Sarà, ma probabilmente non sarà difficile trovare altri 60 etero che usano droghe (forse in alcune discoteche li si potrebbe trovare in meno di due minuti, basterebbe andare in quelle zone del centro dove gli spacciatori vendono la loro merce quasi fossero al mercato).

L'articolo continua, raccontando che i gay fanno sesso in gruppo, che non sanno se gli altri sono sieropositivi e che sono un rischio per glie etero dato che c'è gente fidanzata con donne che fa sesso non protetto con i gay. Poi uno cerca su Google e trova immagini come quella di apertura. Ma sappiatelo, probabilmente è un'immagine falsa ed è probabilmente solo per un curioso effetto ottico che pare che nessuno stia usando il preservativo. Queste cose tra etero non esistono perché sono i gay quelli pervertiti, quelli che devono essere descritti con l'ausilio di "ciceroni" dato che hanno gerghi e fantasie troppo perverse perché un povero eterosessuale timorato di Dio possa comprenderle.
Poi quando le strade di Milano vengono riempite di pubblicità con donne che offrono il loro sedere e i loro seni prorompenti dinnanzi a minori, nessuno dice nulla perché evidentemente si sa che tra etero non esiste prostituzione, droga e sesso. Il problema sono i gay, solo i gay, sempre i gay.
Dunque come spera il Corriere di poter trattare un tema così delicato se antepone lo stigma ai fatti? La realtà è che quelle persone non sono gay, sono anche gay. Se però si annullano i fatti per esporre un'etichetta che racchiude un'inter comunità, il processo ideologico diviene vergognoso.
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