Scialpi come Povia, al fianco di Amato contro una fantomatica «mafia gay». E tutto questo solo perché non lo invitano in tv...


Continuano le invettive e gli insulti lanciati da Giovanni Scialpi contro chiunque osi contentare il suo sostenere che i gay pride siano «carnevalate volgari» a cui parteciperebbero solo depravati pronti «ad ostentare più che rivendicare».
La surreale situazione appare per certi versi quasi comica, con un cantante che ancor oggi pubblica video del 1998 perché solamente a quei tempi andava in tv) che insulta milioni di manifestanti nel definirli «anacronistici» per il loro prendere parte a quelle stesse manifestazioni che gli hanno permesso di ottenere quei diritti di cui lui ha ampiamente goduto. Senza quella gente che lui denigra sostenendo che vadano in giro con «il culo all'aria», di certo non avrebbe mai potuto sposarsi negli Stati Uniti dopo il suo tardivo coming out a cinquant'anni.
Forse un po' di compassione la genera il vederlo pronto ad autoproclamarsi "icona gay", anche se pare difficile non provare fastidio nell'osservare come mandi impunemente a quel paese chiunque non lo riconosca come tale. E decisamente ilare è come nei mesi scorsi cercato visibilità lamentandosi che gli avevano detto «frocio» mentre ora è lì che se la ride a crepapelle quando i suoi fans parlano al femminile a chi lo contesta come forma di disprezzo verso il loro intronamento sessuale.
La comicità della situazione pare decisamente scemare quando il cantante offende interi gruppi sociali pubblicando immagini decontestualizzate tratte dalla propaganda di Forza Nuova o quando benedice inaccettabili termini della propaganda di Adinolfi. Lo troviamo persino pronto a rilanciare simboli già visti nelle slide che Gianfranco Amato ama proiettare quando va in giro con Povia o Luca di Tolve a sostenere che l'omosessualità sia un male che può e deve essere curato. Nel gergo degli integralisti, infatti, quella fantomatica «mafia gay» citata da Scialpi non è altro che chi incoraggia gli adolescenti ad accettare la propria identità o il proprio orientamento sessuale al posto di spedirli in un qualche campo di tortura psicologica che cerchi di inculare in loro sensi di colpa così forti da spingerli a suicidarsi o a fingersi eterosessuali.

La domanda più ovvia è il chiedersi perché mai il cantante si stia dando così tanto da fare per spalleggiare l'estrema destra e per danneggiare un intero gruppo sociale offrendo pieno appoggio a chi sostiene che il suo sodomitico "matrimonio" (rigorosamente tra virgolette) sia un atto che minaccia i bambini e che corromperebbe la loro innocenza spacciando per sessualità quella che l'adinolfiniana De Mari sostiene sia solo un atteggiamento da cane castrato. «L'omosessuali è è una colpa», dicono loro e Scialpi è lì a sponsorizzare la loro terminologia.
Un dubbio sorge quando il cantante illustra i suoi 24 mesi di sedicente "attivismo" pubblicando le immagini che lo ritraggono sulla copertine di Chi o seduto nel salotto di Porta a porta. Aumentano nel ricordare con quanta rabbia abbia attaccato Eva Grimaldi per aver fatto coming out all'Isola dei famosi mentre lui non aveva venduto neppure l'esclusiva del suo matrimonio (ottenendo solo una partecipazione da Bruno Vespa). Ma la conferma pare giungere in un messaggio in cui risponde rabbioso ad una critica lamentando: «Ma non vedi che orbitano sempre gli stessi personaggi come paladini icone gay ospiti nei media? Non ti fai due domande?».
Esatto. Pare proprio che un'ospitata televisiva sia tutto ciò a cui Scialpi ambisce nel suo pretendere di essere considerato "icona gay" o nel lanciare le sue invettive contro quella gente per anni si è battuta anche per i suoi diritti. Se sappiamo che ogni anno c'è sempre un qualche personaggio che cerca visibilità mediatica accusando i gay pride di essere «carnevalate» o mera «ostentazione», va osservato che mai prima d'ora qualcuno l'aveva fatto con così tanta rabbia e violenza.

Riproponendo lo schema comunicativo di Adinolfi, anche Scialpi sta ricorrendo al più bieco vittimismo nel sostenere che «la merda arcobaleno» e lo «schifo che c'è nel mondo gay» gli stia negando il suo diritto di parola. Peccato che la realtà sia un po' diversa dato che, nel momento stesso in cui lui esige di poter dire che tutto il mondo sbaglia e che lui farebbe sicuramente meglio di chiunque altro, forse dovrebbe quantomeno mettere in conto la possibilità che gli altri possano essere in disaccordo con lui. L'insulto non è certo un metodo di confronto, così come non pare accettabile che si ricorra ad offese gratuite o accuse infondate contro l'impegno altrui solo perché lui vorrebbe essere considerato il nuovo leader lgbt che ottiene ospitate televisive e copertine sui giornali.
Spesso si ha quasi l'impressione che le sue sparate siano una vera e propria ritorsione contro chi non lo idolatra (termine che troviamo proprio nei suoi messaggi) e i resta basiti anche nell'osservare messaggi in cui si ricorre ad insulti rivolti alle madri degli interlocutori con un atteggiamento tipico da bambini dell'asilo. Ma davvero intollerabile è come si sia giunti persino al reato di pubblicazione di corrispondenza privata a danno di una pagina Facebook che, dopo avergli offerto spazio per pubblicare integralmente le sue lettere, ha osato esprimere le proprie perplessità sulle sue tesi. Anche qui si ha l'impressione che lui esiga che le interviste siano contraddette in anticipo e che a lui sia garantito pieno appoggio pubblico indipendentemente da ciò che si pensa.

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