Leader religiosi australiani chiedono che i "cristiani" siano esentati dal rispetto dei diritti altrui


Pare che i leader religiosi si siano affrettati a far propria la ridefinizione del concetto di "libertà religiosa" sponsorizzata dalle lobby integraliste internazionali. La loro teoria è che sia necessario punire con severità chiunque neghi loro beni o servizi, ma che chiunque citi il nome di Dio invano debba essere assolto da pari doveri e debba poter discriminare impunemente chiunque voglia. Si dicono fermamente convinti che la "libertà religiosa" non debba tutelare la fede personale, ma serva principalmente a definire una razza superiore che, nel nome di una fede non provata e non provabile, debba poter limitare la libertà altrui sulla base di ogni più perverso pregiudizio o falso convincimento religioso.
Capita così che l'arcivescovo cattolico di Sydney, Anthony Fisher, e la sua controparte anglicana, l'arcivescovo Glenn Davies, abbiano deciso di criticare una proposta di legge per l'introduzione del matrimonio egualitario nel Paese. La loro teorie è che il riconoscimento di pari diritti alle loro vittime sia da intendersi come una minaccia alla loro "libertà religiosa".
Nonostante la legge permetterebbe ai religiosi di discriminare gay e lesbiche, l'arcivescovo Fisher sostiene che tutto ciò non sia sufficiente dato che lui esige che chiunque nomini il nome di Dio invano debba essere legittimato a discriminare e a calpestare i diritti civili altrui. La sua tesi è che il riconoscere diritti civili ad altri «dimostra un presupposto errato secondo cui la libertà religiosa è semplicemente una questione di coloro che sono impegnati nel ministero religioso. L'esercizio libero della religione è un diritto concesso ad ogni australiano e una legge che non protegge la libertà religiosa per tutte le persone non protegge affatto la libertà religiosa». In altre parole, se qualcuno dicesse che è Dio ad avergli chiesto di ammazzare qualcuno, allora non bisognerebbe processarlo nel nome di una presunta "libertà religiosa" che secondo il vescovo sarebbe superiore a qualunque altra norma o principio.
Come da tradizione, il sacerdote che guida una Chiesa in cui il 7% dei preti cattolici risulta coinvolto in abusi su minori, si è messo a sbraitare che quella discriminazione servirebbe a "difendere" i bambini: «si è appena iniziato a sollevare una questione pubblica sulle conseguenze di grande portata per la società, le famiglie e i bambini. Questo disegno di legge non riesce a proteggere né la coscienza individuale né la libertà religiosa. Invito i deputati a rigettarlo».
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