Mario Adinolfi sogna la sopraffazione delle minoranze: «La lobby Lgbt vive in una dimensione mafiosa. Nella verità popolare, vinceremo noi»


A Mario Adinolfi piace davvero tanto insultare il prossimo, spesso auspicando che la legittimazione dell'odio e l'imbarbarimento della società possano portargli vantaggi economico sulla palle di quelle sventurate figlie a cui lui lascerà un mondo devastato. In fondo non è manco stato espulso dall'ordine dei giornalisti come conseguenza ai suoi continui spergiuro, alle sue bugie e al suo blasfemo uso politico della religione, quindi perché mai un giocatore di poker dovrebbe smettere di puntare sempre più in alto nella pubblica diffamazione e offesa di quelle persone che lui sostiene debbano essere ritenute inferiori a lui?
Capita così che nei proclami che ama pubblicare sulla sua pagina di promozione all'odio omofobico e xenofobo, l'integralista pare provare piacere sessuale nel denigrare il film che racconta lo sforzo con cui alcuni attivisti francesi riuscirono a bypassare il silenzio imposto dai cattolici sull'epidemia di Aids che aveva compito la nazione.
In quella su abitudine ad annullare le persone per creare gruppi che lui sostiene debbano pensarla in maniera del tutto uguale perché parte delle sue classificazioni mentali, scrive:

"Il film sta da una parte e Adinolfi dall'altra, questa volta ha vinto Adinolfi". Impazza la polemica nella comunità Lgbt perché un "loro" film non incassa il dovuto e si sa che sul tema denari i ragazzi sono sensibili. Per carità, non è esaltante sentirsi utilizzati come modello di un insulto anche piuttosto pesante (nel corso della polemica c'è chi ha scritto "vi meritate Adinolfi" e chi ha controbattuto "se va male un film sulla Shoah non si può scrivere: vi meritate Hitler"), ma c'è in tutto questo una lezione da trarre. Gli interessi della lobby Lgbt riescono a essere ben difesi solo negli ambienti chiusi di casta (siano essi politici, parlamentari, mediatici, giornalistici o del mondo dello spettacolo) quando poi si esce dal contesto paramafioso e si entra in una dimensione popolare, quegli stessi interessi si sciolgono come neve al sole.

Così scrive il fondamentalista che non ha sorpassato un imbarazzante 0,6% di voti alle urne mentre sostiene di essere la massima rappresentanza di un Paese che lui sostiene debba odiare gli islamici, odiare i gay ed odiare le donne che osano denunciano chi le stupra. Ed ovviamente lui spaccia la sua propaganda come una verità rivelata, dato che l'indottrinamento deve spacciare certezze che giustifichino ogni forma di ingiusta discriminazione.
Sostenendo poi che gli interessi dei gay non contino nulla dato che a lui piace scoparsi molteplici mogli e che quindi lui ha già tutto ciò che gli serve per star bene, è utilizzando solo ed esclusivamente termini offensivi che il fieramente omofobo Adinolfi aggiunge:

La lobby Lgbt non ha numeri per reggere il confronto con il mondo reale, vive solo in una dimensione di nicchia o in una dimensione mafiosa, dove per mafia si intende il potere di pochi individui che organizzati in maniera violenta impediscono a chi non aderisce al consesso mafioso di far valere le proprie ragioni. Questi meccanismi funzionano in Rai, in Mediaset, qualche volta persino in Parlamento o negli Ordini professionali. Se scendiamo in mezzo al popolo no. Piazza San Giovanni o il Circo Massimo sono per noi, per loro solo camarille, aperitivi e Gay Village. Poi, certo, ci sarà sempre una trasmissione di Raitre o una Barbara D'Urso a voler far credere agli italiani che due maschi possono comprare un bambino da una donna povera e che quello è un modo di costruire una famiglia. Ma quelle sono illusioni ottiche artificialmente edificate ad arte da una lobby prepotente e incurante persino delle leggi. Nella verità popolare, quella che conta, è vero: alla fine, vinceremo noi.

La sua tesi pare dunque la medesima di Hiletr. Pare affermare nero su bianco che i gruppi sociali debbano essere visti come antagonisti in una competizione in cui è fondamentale affermare la propria supremazia sugli altri attraverso la loro distruzione. Sostiene che ogni adolescente gay venga spinto al suicidio sia un punto per la sua squadra, bestemmiando il nome di Dio quale giustificazione ad un pensiero che ha tutta l'aria di una vera e propria apologia del fascismo.
A proposiuto, chissà se adinolfi si è mai accorto di come i suoi falsi «due milioni» di partecipanti al Family day di Gandolfini siano niente rispetto alla folla che applaudiva tutta contenta quel Benito Mussolini che annunciava loro l'introduzione delle leggi razziali. E chissà se sa anche che Gesù era una minoranza e che lui non è per nulla diverso da quei romani che lo volevano morto dato che erano infastiditi dal suo mettere in discussione le loro certezze.
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