Cascioli sfrutta Alfie Evans per denigrare gli anglicani, Benedetta Frigerio accusa i medici di essere in malafede


La morte di Alfie Evans appare come un vero e proprio parco giochi per l'integralismo cattolico, attivissimo nel carcere di strumentalizzare politicamente un bambino terminale che loro vorrebbero fosse condannato ad atroci sofferenze in onore e gloria della loro ideologia. Ma quello che inizialmente appariva come una strumentalizzazione finalizzata allo sfruttamento dell'ignoranza come strumento di opposizione all'autodeterminazione dei malati pare ormai essersi tramutata in un proficuo strumento per dichiarare guerra ai cristiani anglicani e sostenere la supremazia del cattolicesimo.
Ormai da giorni un prete italiano si fa fotografare insieme al piccolo Alfie Evans, spesso dopo avergli messo addosso un qualche crocefisso o una qualche immaginetta sacra. Ma dato che gli ospedali sono luoghi di degenza e non luoghi di culto, forse non ci sarebbe da stupirsi se qualcuno si fosse sentito infastidito da quella presenza.

Sulle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana troviamo un Riccardo Cascioli che sta versando litri di inchiostro nella strumentalizzazione del caso e una Benedetta Frigerio capace di scrivere:

L’arcivescovo di Liverpool va a Roma a rassicurare il Papa sulla bravura dei medici dell’Alder Hey Hospital e sulla correttezza dei giudici britannici che hanno condannato a morte Alfie Evans; e nel frattempo fa scacciare padre Gabriele Brusco dall’ospedale, lasciando Tom e Kate senza alcuna assistenza spirituale e testimonianza concreta di una vicinanza umana.

Senza alterazioni nella firma del testo, l'articolo inizia a parlare della signora Frigerio in terza persona quale inviata a Liverpool dell'integralismo cattolico. E lanciando accuse gravissime, afferma:

Al titolare cattolico dell’arcidiocesi di Liverpool, Malcom McMahon, in tutti questi mesi gli impegni pastorali hanno impedito di percorrere quei 7 chilometri che separano la sua residenza dall’Alder Hey Hospital; in compenso martedì sera ha trovato il tempo per andare a Roma per poter partecipare mercoledì all’udienza generale con papa Francesco, cui è seguito un breve incontro privato. Al Papa, monsignor McMahon ha così potuto ripetere quel mucchio di menzogne che va propagando da quando il caso di Alfie ha conquistato un’attenzione internazionale tale da non poter più fare finta di nulla.
Basterebbe rileggersi la nota dei vescovi di Inghilterra e Galles diffusa nel pomeriggio del 18 aprile, poche ore dopo l’udienza privata che il Papa ha concesso a Thomas Evans, il papà di Alfie. Ecco un estratto: «Affermiamo la nostra convinzione che tutti coloro che hanno preso le decisioni strazianti che riguardano la cura di Alfie Evans agiscono con integrità e per il bene di Alfie, così come loro lo vedono. La professionalità e la cura per bambini seriamente malati dimostrata all’Alder Hey Hospital deve essere riconosciuta e affermata. Sappiamo che le critiche pubbliche recentemente pubblicate sul loro lavoro non sono fondate così come l’attenzione della nostra cappellania per lo staff, e davvero offerta alla famiglia, è stata fornita in maniera consistente».
Come si vede, la prima parte ricalca l’inaccettabile posizione più volte espressa anche da monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che non a caso ha buoni rapporti con l’episcopato inglese. Quanto al resto è evidente che McMahon ha sempre volutamente ignorato Alfie e i suoi genitori, e non solo lui (basti il racconto della settimana a Liverpool della nostra Benedetta Frigerio). Nel report dell’arcidiocesi di Liverpool sul caso Alfie Evans, pubblicato il 13 aprile 2018 a firma del portavoce della diocesi Peter Heneghan, si afferma che il vescovo ausiliare Tom Williams «ha offerto sostegno ai medici e allo staff». Quanto ad Alfie, «egli non ha incontrato i suoi genitori che –a quanto si sa– non sono cattolici».

Sembra davvero surreale che un tema etico possa essere trattato attraverso il tentativo di sostenere che i medici inglesi agiscano volontariamente contro l'interesse dei minori in virtù di come il giornale integralista si dica certo che la signora Frigerio conosca la scienza medica meglio di qualunque professionista.
E fa riflettere anche come dinnanzi ad un caso simile, la proprietà di Cascioli è quella di dibattere dell'appartenenza religiosa dei genitori del piccolo. Un'appartenenza che pare fare la differenza, dato che Cascioli non è altrettanto benevolo verso l'accoglienza di bambini che osano avere genitori di una fede religiosa diversa dalla sua.

Sempre ignorando l'invito di Gesù a non seminare zizzania e sempre interessati a sfruttare Alfie come oggetto di propaganda politica, aggiungono pure:

Qualche cattolico può darsi, certamente non il loro vescovo. Il quale vescovo, mentre brigava per andare a raccontare al Papa quanto sono bravi i medici e giusti i giudici, esercitava pressioni insostenibili per cacciare dall'ospedale padre Gabriele Brusco, che dal 16 aprile è al capezzale di Alfie. Cosa che alla fine gli è riuscita oggi, grazie al sostegno combinato del cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, diocesi in cui padre Brusco attualmente risiede. [...] Alla fine comunque resta il fatto vergognoso di un arcivescovo cattolico che, in combutta con il cardinale primate d’Inghilterra, toglie anche il conforto spirituale e umano ai genitori di Alfie, dopo che medici e giudici hanno già tolto al piccolo bambino il diritto alla vita e ai suoi genitori la libertà di movimento. Una vergogna per tutta la Chiesa cattolica inglese, la cui tradizione ricca di martiri non merita successori tanto indegni. E comunque ce ne è abbastanza per chiedersi che strani intrecci e interessi ci siano tra vescovi inglesi e l’establishment rappresentato dalla casta dei medici e dei giudici.

Nei giorni scorsi la signora benedetta Frigerio aveva già accusato i medici di «maltrattamenti» sul minore, così come Cascioli sostenne che «la radice del male sta in Inghilterra». Entrambi puntano la loro propaganda sul sostenere che qualcuno vorrebbe «scartare» il minore, negando come il reale dibattito riguardi il diritto ad una morte dignitosa laddove un'inutile agonia in assenza di cure sia inflitta artificialmente.
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