A capo dello sportello "no-gender" di Prevalle, si candida a Brescia ma ottiene solo sei preferenze


Ricordate quella Sara Prandini che a Prevalle aveva aperto uno sportello "no gender" voluto dalla Lega di Matteo Salvini con l'endorsment di Gianfranco Amato? In occasione della tornata elettorale per le amministrative, la donna si era candidata a Brescia con il partito di Mario Adinolfi.
Il risultato parla da sé: la fondamentalista è riuscita ad ottenere solo sei preferenze, pari allo 0,0076% rispetto ai votanti.

Nei giorni scorsi, la Prandini aveva basato la sua campagna elettorale sulla promozione dell'omofobia. Alternando immaginette sacre a violenti proclami d'odio, raccontava che i bambini vengano traumatizzati se vedono due uomini che si amano, ma non se si mostra loro un Adinolfi che rimpiazza la moglie già ingravidata con una ragazzina molto più giovane e molto più sottomessa che sappia starsene a casa a lavargli le mutande mentre lui gioca a fingersi un politico.
In una vera e propria campagna diffamatoria, la signora Prandini non si era risparmiata neppure immaginette come questa:



Se non serve commentare quale bassezza sia il prendere una fotografia decontestualizzata allo scopo di sostenere che la si possa associare al Toscana Pride per criticare un Pd che non è omofobo quanto il loro padrone (sì, proprio quello stesso Mario Adinolfi che diceva di volere il matrimonio egualitario quando cercava di diventare segretario del Pd ed ora commercializza in omofoba).
Diabolico è anche il sistematico tentativo di attribuire pensieri a dei bambini solo perché li di reputa oggetti da poter sfruttare: Alfie doveva soffrire come un cane perché Adinolfi avrebbe fatto tanti bei soldini con la sua agonia e, allo stesso modo, si può scrivere che quel bambino pensasse che «i gay pride sono ripugnanti» solo perché giurare ciò che non può essere appurato è utile alla propaganda.

Opinabile è anche la certezza con cui si sostiene che la fotografia arriverebbe da un gay pride. In considerazione di come non sia visibile alcuna bandiera arcobaleno e appurato come su Internet appaia improbabile riuscire a risalire alla fonte originale dello scatto data la diffusione, pare difficile immaginare che non ci si sia limitati a fare un copia incolla da una qualche pagina omofoba per costruirci attorno la storia che più faceva il proprio gioco. Ed il contesto non è irrilevante dato che, indipendentemente dal fatto che a lei possa piacere o meno, a San Francisco o in alcune città Canadesi, andare in giro nudi per strada è legale e non è in alcun modo legato all'orientamento sessuale.
La signora vuole insultare il Toscana pride? Va bene. Prima vi prenda parte, veda con i suoi occhi quanta brava gente marcia animata dall'amore verso il prossimo e poi decida se si sente legittimata a vomitare i suoi insulti. Giudicare ciò che non si conosce è scorretto oltre che diffamatorio.
Possibile che i gay devono beccarsi i noiosissimi comizi dei suoi leader per poter criticarli e loro possono usare fotografie prese a caso da parte di una signora che risulta pure un'insegnante che viene lasciata sola con dei bambini?

Ma, anche se fosse, la signora Prandini è certa che un bambino verrebbe rovinato dalla vista di un pene mentre crescerà sano vedendo un Adinolfi che organizza rosari contro i suoi coetanei o un Salini che agita rosari per poi chiudere i porti ai bisognosi?
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