Salvini, lo sciacallo del coronavirus


Matteo Salvini è un tizio che preferiva i centri sociali agli studi, che segnava presenze senza andare al lavoro e che da decenni si fa mantenere campando di espedienti. La sua specialità è fare l'imbonitore, cercando di trarre profitto da una retorica che mira a compiacere ogni più depravata e perversa forma d'odio. Lui è quello che ieri faceva i soldi agitando l'ampolla con le «sacre acque del Po» mentre diceva che i napoletani «puzzassero più dei cani», oggi li fa agitando rosari e imprecando contro stranieri e minoranze. Di fatto, lui non ha mai proposto nulla per la gente ma ha sempre cercato profitto sbraitando contro qualcun'altro come una comare.
Dato che Salvini non ha mai perso tempo a sfruttare politicamente ogni singola tragedia, era pressoché inevitabile che il leader leghista avrebbe sguazzato come un papero nell'acqua davanti alla possibilità di mettere a frutto l'isteria nata dall'emergenza Coronavirus. Fregandosene di come il buonsenso avrebbe dovuto chiamare ogni parte politica alla responsabilità e alla coesione, lui preferisce usare i morti per dire che bisognerebbe dargli quel potere che lui chiede da tempo.

Per settimane Salvini ha detto che bisognava “chiudere i porti” per evitare che COVID-19 arrivasse dall’Africa, usando un'infezione virale per difendere la sua dialettica razzista contro i più deboli e per inveire contro i giudici che lo hanno indagato per sequestro di persona. Poi il virus è arrivato in Italia, ma non dall'Africa ma bensì da italiani che hanno portato il contagio in regioni a giuda leghista come il Veneto e la Lombardia. Ed è così che il padano che baciava culatelli a fini elettorali mentre si registravano le prime avvisaglie dell'emergenza ha iniziato a dire che il governo non avrebbe fatto abbastanza, pur senza aver mai spiegato cos'avrebbe fatto lui o quali proposte concrete avrebbe portato dato che il presidente Conte denuncia persino che il leghista non risponde al telefono quando lui lo chiama per parlare della crisi. Di fatto, il padano sostiene di avere idee risolutive ma lui lascerebbe volontariamente e colpevolmente morire gli italiani perché non gli hanno dato il potere politico che lui chiedeva.

Mentre Presidente del Consiglio Giuseppe Conte spiega che Matteo Salvini «non mi ha risposto, su nessuno dei numeri che io ho a disposizione», il presidente leghista della Lombardia avrebbe detto che Salvini era informato e che condivideva le misure adottate dal Governo. Peccato che Salvini era impegnato nelle stesse ore a cercare consensi elettorali sbraitando sui social che lui pretendeva le scuse di chi secondo lui aveva sbagliato dato che «quando di mezzo ci sono morti e feriti» è perché «qualcuno non ha fatto quello che doveva per incapacità, ignoranza o scelta politica». Anche qui il padano non ha mai spiegato quali «feriti» si sarebbero registrati a causa di un'infezione virale.
Ma la vera ossessione del padano è chiedere le dimissioni del Governo, fregandosene di come sia ovvio che la caduta del governo nel bel mezzo di una crisi sanitaria significherebbe la fine.

Ovviamente lo sciacallo leghista si guarda bene dal notare che il contagio ha colpito due regioni leghista perché qualcosa non ha funzionato anche a livello regionale. Un paziente è stato ricoverato per dieci giorni in ospedale prima che gli venisse fatto il test per il coronavirus, Luca Zaia ha sospeso troppo tardi il Carnevale di Venezia ed è stato il capo della Sanità veneta a vietare che si facessero test su pazienti asintomatici, forse sperando di risparmiare qualche euro.
In Lombardia, invece, è stata ravvisata ina falla nel sistema sanitario che avrebbe permesso il diffondersi del contagio. Il tutto con buona pace per quel Salvini che cavalcava per fini personali la paura del coronavirus che vien dal mare e dei “presunti profughi provenienti da chissà dove”, raccontando populisticamente che la sicurezza sanitaria del Paese sarebbe minacciata dall'arrivo di 274 persone provenienti da aree senza casi registrati e non da quella Lega ha organizzato serata di autofinanziamento con 1.500 persone provenienti dalle aree infette radunate a Genova.
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