Zaira Bartucca pubblica nomi, fotografie e indirizzi dei nostri lettori e li manda ai gruppi studenteschi neofascisti. Quando interverrà la polizia?


Noi saremmo anche un po' stufi di dover continuamente perdere tempo ed energie a sbugiardare le bufale che la giornalista Zaira Barzucca si inventa di sana pianta contro di noi, anche perché nessuno se la fila e dare visibilità alla sua incompetenza è come attribuirle una qualche importanza. Peccato non si possa tacere davanti al bullismo che la signora Zaira Barrucca sta esercitando contro un nostro lettore, un ragazzo che da giorni sta subendo la sua ingiustificata persecuzione e le sue ingiurie come atto di ritorsione per il suo averci sostenuto.
Rancorosa e vendicativa, la pubblicista calabrese ha pubblicato l'ennesimo articoletto (se così si può chiamare quella porcheria) in cui insite nel suo spergiurare il falso, defecando la sua solita dose di insulti attraverso modalità che a noi sembrano una chiara violazione della legge, della deontologia professionale e del buonsenso. Rasentando il ridicolo, tira in ballo persino pure Mimmo Lucano, forse infastidita per il processo che la vede imputata per diffamazione perché si sarebbe inventata bufale anche contro di lui.

Il suo stalking ha avuto inizio quando il nostro lettore ha osato difenderci da un commento negativo: presumibilmente intenzionata a fargliela pagare, la signora Zaira Bartucca ha deciso di inventarsi che lui fosse il responsabile di Gayburg (cosa non vera) e ha iniziato a sbraitarlo alla sua cricca. Lo ha importunato al telefono, lo ha minacciato, lo ha insultato a mezzo stampa, ha diffuso le sue fotografie ed ha pure pubblicato un audio che a noi risulta sia stato registrato e diffuso illegalmente. Insomma, siamo davanti a del puro bullismo finalizzato all'incitamento dello squadrismo:


Contrariamente alle persone serie del Butac (che cita perché anche loro risultano nella sua lista di proscrizione, insieme a centinaia di altre sue vittime), il suo amichetto ucraino propina una supercazzola finalizzata ad assecondare le loro fantasie. Peccato che ciò finisca col dimostrare quale sia la "serietà" delle loro cosiddette "inchieste" visto che la tesi sostenuta è semplicemente falsa. Poi questi piagnucolano pure quando qualcuno li denuncia e chiede conto della loro azioni.

L'articolo esordisce affermando:

Il sito di disinformazione negli anni ha tenuto ben nascosto il responsabile, ma noi dopo lunghe ricerche lo abbiamo trovato. E, ovviamente, lo abbiamo querelato

Con il carnefice che si vuol far passare per vittima, la signora dice che ci avrebbe «ovviamente» querelato, ma non pare così ovvio voglia sostenere che le opinioni debbano essere censurate perché lei non pare gradire la libertà di espressione. Peraltro a noi va benissimo che possa rivolgersi ai giudici, ma non va bene voglia ricorrere alla violenza contro i nostri lettori se quei giudici non le hanno dato ragione.
Se la signora stava forse pensando al suo sitarello di propaganda quando ha parlato di «sito di disinformazione» a fronte di un blog di opinione, ha un po' rotto con il suo insinuare pruriginosamente un falso anonimato con cui fomentare l'odio di quei suoi discepoli che lei ha indottrinato al complottismo: un qualunque giudice può tranquillamente ottenere i nostri nomi con una semplice telefonata ad Aruba S.p.A., esattamente come previsto dalla legge. Se però non hanno alcun motivo di farlo perché reputano che le denunce della Barricca si prefigurano come del tutto prive di fondamento, lei non può ricorrere alle minacce per ottenere ciò che non le è dovuto.

Sempre inventandosi che altre persone dovrebbero denunciarci in quella sua retorica dove ogni parola è pensata per fomentare odio e fingersi martire, è accusandoci di imprecisate «irregolarità» che l'articolo prosegue:

Sulla rete nulla è mai abbastanza al riparo. Anzi, se un’informazione c’è, per quanto nascosta, si trova sempre. Magari ci vuole tempo, ma si trova. Rec News – tra tante scoperte belle che poteva fare – ne ha fatto una senz’altro utile: quella che riguarda l’intestatario del dominio www.gayburg.com. Un lavoro di cui potrà giovarsi anche chi come noi ha inoltrato denunce e querele rimaste lettera morta a causa delle irregolarità del sito. Lo stiamo per mettere a disposizione degli inquirenti, allegandolo alla querela contro noti. Il sito di disinformazione, del resto, si è preoccupato negli anni di tenere ben nascosta la proprietà del sito, e a buon ragione vista la mole di offese gratuite che propina quotidianamente, persino alla comunità lesbica o agli stessi gay che si differenziano da loro per prese di posizioni politiche. Oltre alla fuffa ricavata perfino dai tweet e dai mi piace – insomma – non c’è nulla di utile neppure per la comunità lgbt, che spesso si è addirittura dissociata dagli sfoggi di fanatismo e dagli eccessi rancorosi.

Dice che noi saremmo rancorosi e fanatici, sostenendo persino che offenderemmo la comunità gay perché abbiamo osato contestare quel suo amato leghista Umberto La Morgia che dice di non volere diritti e tutele per i gay. Insomma, siamo davanti ad insulti ed illazioni così beceri che nemmeno meritano un commento, al massimo meriterebbero un bel provvedimenti disciplinare o una doverosa radiazione.

Sempre ripetendo sino allo sfinimento che qualcuno si «nasconde dietro al sito Gayburg» in quel loro costante ricorso a termini pruriginosi che tentano di falsificare i fatti, scrivono pure:

Come abbiamo fatto a scoprire l’identità dell’intestatario e dunque del responsabile degli articoli di Gayburg? Anzitutto abbiamo seguito una traccia, cioè la svista di un giornalista di Q Code che sui social invitava un attivista progressista a non pubblicare notizie false su Gayburg. A quel punto il nostro Denys Shevchenko, avvalendosi di strumenti OSINT (Open Source INTelligence) in forza alla nostra redazione, ha provveduto a confrontare e a incrociare i dati disponibili, in particolare le informazioni relative al dominio. Il risultato è che il certificato SSL – ef5364e442124cc22ac03fa3d64b9d18aecc9881 – del sito “Gayburg” risulta associato all’utenza telefonica (pubblicata nella sezione Elezioni Trasparenti dal Comune di Montalto Uffugo in concomitanza alle ultime amministrative) di tale ***********, il cui nome è peraltro rivelato in chiaro sul programma che abbiamo utilizzato. A nome ottenuto avremmo dovuto risalire al “********” di nostro interesse differenziandolo dagli omonimi, ma il tweet del giornalista di Q Code e le ammissioni dell’attivista nel corso di un’intervista (vedi articolo in alto) sono venute in nostro aiuto.

La signora è tornata (ancora una volta) a raccontare la sua curiosa interpretazione volta ad attribuire ad un giornalista di Q Code un'asserzione che lei strumentalizza e che illecitamente attribuisce a chi nemmeno era in copia a quel messaggio.
Segue una fotografia della persona da loro molestata, dove il codice HTML ci mostra come i due violenti si siano premurati di inserire il suo nome nome e il nome del comune di residenza per cercare di farlo uscire nei risultati di ricerca quasi cercassero in ogni modo di danneggiarlo socialmente.
Sorvoliamo sul loro teorizzare che Aruba metterebbe numeri di telefono a caso nei loro certificati SSL, magari lasciando che a rispondergli possa essere l'ufficio legale della società.

Il sito passa così a creare odio contro la persona di cui hanno fornito immagini e indirizzo, deridendolo e insultandolo gratuitamente:

****** è un attivista progressista 25enne (compirà 26 anni a dicembre) della provincia di Cosenza. Sul sito di cui è responsabile non lesina critiche a chi ne sa molto più di lui, ma in realtà il suo CV è ben scarno. Titolare di una laurea triennale presso la facoltà di Scienze dell’amministrazione dell’Unical, tutto si ferma a questo, a un attestato di frequenza di un seminario promosso dall’Unione europea e a uno dell’UAAR, l’Unione degli atei e degli “agnostici razionalisti” che propone iniziative come lo “sbattezzo” che, in realtà, non si può praticare.

Poteva forse mancare il solito ricorso all'odio religioso come strumento per aizzare i camerati contro la loro vittima? Ovviamente no, evidentemente a loro non erano bastati i messaggi in cui il suo Denys Shevchenko sosteneva pubblicamente si che si dovessero «schiacciare come zanzare» tutti quei gay che non stanno zitti davanti alle discriminazioni.

L'aggressione prosegue con la "giornalista" che si mette ad accusare la sua vittima di aver avuto una «desolante parentesi politica», ovviamente premurandosi si insultare, offendere e denigrare manco fosse posseduta:

Nel 2019 ***** sfida l’invisibilità a cui è condannato e che forse motiva il suo astio (“Quando speri che qualcuno si giri a guardarti, ma non sia mai ti guardi. Nemmeno per sbaglio”, scrive su Twitter il 20 aprile 2018) candidandosi alle amministrative di ******, realtà depressa della Calabria da cui proviene anche l’ex governatore Pd Mario Oliverio. Si presenta tra le fila del Movimento Popolare progressista a sostegno dello sconfitto Ugo Gravina, racimolando appena 28 voti. Più o meno quelli presi da Mimmo Lucano. La sua parabola discendente, nonostante la giovane età, ricorda insomma quella dei sepolcri imbiancati descritti nel Vangelo, sempre pronti ad ammantarsi di apparenti giuste cause per poi nascondere, al loro interno, “ipocrisia e iniquità”. Una ipocrisia che oggi terminiamo di smascherare. Pensare che “Gayburg” ha negato in una decina di articoli di essere riconducibile a ******. Ora al “leprotto” di Montalto non restano che le figure barbine. Intanto, la responsabile di questo sito ha affidato al suo legale Luigi Fratini una querela contro noti per i 52 articoli diffamatori scritti sul suo conto e su quello di Rec News, a tutela della propria onorabilità e di quella della testata.

Fa ridere, ma la signora usa il termine "onorabilità" in relazione a quel suo sitarello di propaganda che insulta, denigra e racconta bugie. Il tutto con la signora che pare vantarsi del suo proporsi al mondo come una "professionista" che insulta pubblicamente un ragazzo 25 enne sulla base di notizie false che lei si è inventata di sana pianta (magari pure in malafede). Altro che onorabilità, questa andrebbe solo radiata!

Ripetendo ossessivamente le sue solite minacce, la Bartucca conclude:

In Italia l’obbligatorietà dell’azione penale è sancita dall’Articolo 112 della Costituzione (“L’azione penale è pubblica e il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitarla in conformità della legge, senza poterne sospendere o ritardare l’esercizio per ragioni di convenienza”). In pratica, denunce e querele danno impulso al lavoro dei pubblici ministeri, che non possono ignorare le richieste dei cittadini a propria discrezione. Questo articolo della Costituzione sta facendo in modo che da un lato la responsabile di Rec News sia indagata per il suo lavoro e per quello del sito sul sistema Riace, ma permette anche (inspiegabilmente) che le illazioni e le invettive di Gayburg siano rimaste – ad oggi – impunite. Ma ora, con la prima querela contro noti, non ci sono più scuse.

Esattamente che cosa sarebbe rimasto "impunito" se dei giudici preliminari non hanno accolto le sue tesi? Da quando la pena e le sentenze le dovrebbe decidere lei in barba al principio costituzionale per cui tutti sono innocenti sino a prova contraria? Chi la autorizza ad attribuire reati alle persone senza averne il diritto?

Tra i commenti, la signora Zaira Barrucca raccoglie i frutti del suo incitamento all'odio. Ci sono i bandierini che si dicono eccitato dalla sua schedatura, altri invocano il suo intervento per «farcela pagare», altri ancora ci spiegano loro scopo è ottenere la nostra chiusa per impedirci di esprimere opinioni. Intanto la signora pare molto impegnata nel premurarsi personalmente di diffondere i suoi falsi dati incitando a compiere ritorsioni. Pare anche eccitarsi anche come una scolaretta nel rilanciare gli sfottò e le invettive della sua cricca, quasi provasse piacere sessuale nel vedere quanto odio ha creato con il suo bullismo.
Ad aggravare il tutto è come l'organizzazione anti-europeista del suo Denys Shevchenko si accodi a lei, premurandosi di diffondere quelle fake-news a tutti i principali leader dell'omofobia organizzata, quasi a sottolineare l'intento intimidatorio del loro operato:


Scrive ai gruppi neofascisti, alla stampa di destra, ai partiti di destra, ai leader di destra, agli studenti di estrema destra a alle organizzazioni che promuovono l'omofobia, quasi ambisse ad ottenere che un qualche fanatico possa far del male alla vittima che Zaira Bartucca ha indicato loro.
Significativo è il messaggio di una sua seguace che ci illustra la visione populista della vita: a detta sua, la sua amatissima Zaira avrebbe detto la verità perché lei crede che nessuno si preoccuperebbe mai di difendere una vittima di violenza se non ne trae un profitto personale, facendoci intendere lei non muoverebbe un solo dito per difendere un giovane messo alla gogna se non è lei a rischiare aggressioni squadriste.

Ma davvero viviamo un un Paese in i cittadini non vengono tutelati dalla violenza di simili personaggi, permettendo che simili personaggi possano aizzare studenti neofascisti contro un ragazzo che Zaira Barrucca invita a punire sulla base delle bugie che si è inventata?
Davanti a quella violenza, il fatto che il nome da lei indicato è quasi secondario (fortunatamente non dal punto di vista penale) dato che, anche qualora fosse davvero riuscita a risalire a dei nomi di privati cittadini, chi la autorizzerebbe a renderli noti tra offese e insulti al solo fine di farli deridere offendere dai suoi seguaci mentre aizza i camerati contro di lui?

Ed è proprio in risposta a questo articolo che Zaira Bartucca ha nuovamente inserito i dati personali del nostri lettore, lamentandosi che ne stiamo chiedendo la rimozione e minacciando denunce (per cosa non si sa) contro chiunque oserà difendere la vittima della sua aggressione, sostenendo peraltro che dire la verità sarebbe una "macchina del fango" contro la populista che pubblica telefonate, audio e informazioni personali di un 25enne:


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