Adinolfi torna a offrire la sua falsa testimonianza e si fa promotore della fake-news contro Starbucks


Non solo Mario Adinolfi continua a giurare che il termine "cristiano" debba essere ritenuto sinonimo di intollerante, ma è offrendo la sua falsa testimonianza che sui sui canali di propaganda omofoba è stato capace di pubblicare questa fake-news:


Se la serietà di un giornalista si vede dalle sue fonti, si commenta da sé il suo citare il "Christian Post" per raccontare una storia riviste in chiave ideologica pur di ribadire che lui esige gli siano riconosciuti maggiori diritti in virtù di come ami sbraitare in faccia alle sue figlie che lui ha penetrato le vagine delle loro rispettive madri.
La realtà è che il dipendente omofobo non ha voluto indossare la maglietta e non lo ha fatto. Poi, però, ha decido si prendersela con un collega che lo aveva fatto. La donna è infatti stata licenziata quando si è messa in testa di voler convincere i suoi collegi a ritenere che Gesù fosse omofobo e che dovessero credere in lui, contravvenendo alle regole sulla libertà religiosa dell'azienda.
E se Adinolfi deve mentire e peccare agli occhi di Dio pur di promuovere quell'odio su cui basa il suo fatturato, anche la sua amichetta "cristiana" dice di volere soldi dall'azienda visto che pare che tutti i fondamentalisti prediligano il dio denaro a Gesù.
Non solo. Oltre a fornire una versione falsa della storia, Adinolfi ricorre anche a quelle patetiche contrapposizioni che tanto eccitano i populisti. E se dice che si sarebbe potuto non licenziare chi si fosse rifiutato di indossare un crocefisso, in passato difese suore e preti che licenziarono dipendenti in virtù del loro orientamento sessuale. Quando si dice l'ipocrisia.
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