Provita insulta Achille Lauro e tira in ballo i «paesi islamici» che dicono avrebbero saputo come farlo tacere


Mentre Toni Brandi lancia invettive contro i giudici sostenendo che sia inammissibile venga riconosciuto un diritto di critica a chi non la pensa come le lobby evangeliche statunitensi che lui rappresenta sui palchi dei comizi leghisti, la sua organizzazione forzanovista sta investendo ingenti quantitativi di rubli in una campagna volta a chiedere la sistematica censura di tutto ciò che risulta a lui sgradito.
Nella fattispecie, il sovranista Brandi (che però ha residenza a Praga) ripete ossessivamente che lui avrebbe visto «blasfemia» e «propaganda gender» sul palco di Sanremo. E dato che lui esige che le sue illazioni siano percepite come dati di fatto, ha comprato dei cartelloni pubblicitari in cui afferma che sarebbe fatto obbligo prendere per buone le sue sconclusionate accuse.

Gongolando perché Mariagiovanna maglie, Alessandro Meluzzi, Maurizio Belpietro e Simone Pillon gli darebbero ragione nel chiedere che sia considerato «blasfemo» chiunque non brandisca dei rosari contro i migranti come è solito fare un certo padano, sul suo sito pubblica anche un articolo di Manuela Antonacci (ossia la co-fondatrice delle "sentinelle in piedi" dal titolo "La blasfemia imperante di Achille Lauro".
Nel testo, la signora Antonacci dice che Lauro sarebbe «balzato agli onori delle cronache proprio per le sue uscite provocatorie e blasfeme, durante il festival di Sanremo». Forse ignara di come il canutente non fosse in gara e non abbia presentato alcun testo., è tra insulti e offese gratuite che incalza:

La canzone che ha presentato al festival di Sanremo, infatti, non eccelle certo per originalità, né tantomeno per creatività: se si guarda al testo, si tratta della solita tiritera sui poveri giovani incompresi «senza un’anima, senza umanità, immoralità, bipolarità». Senza considerare, però, che su questa “sofferenza esistenziale”, Achille Lauro ci fa soldi a palate.

Insomma, la signora pare non gradire che un cantante di successo possa fare soldi, iniziando ancora una volta ad insultarlo gratuitamente:

Eppure, il suo messaggio così “rivoluzionario”, si colloca, più banalmente che mai, nel solco del “politicamente corretto”: il suo cavallo di battaglia è l’ormai iper sdoganata “sessualità fluida”. Si è definito, infatti “sessualmente tutto, genericamente niente”. Che poi, come afferma, ci sarebbe persino del “coraggio” nelle sue scelte, lo dubitiamo fortemente, se pensiamo che i siparietti gender fluid che ha messo in scena, durante la sua performance sanremese, non si sono certo svolti in un paese islamico, in cui non ci si sarebbe certo limitati a commenti di biasimo, ma si sarebbe passati direttamente ai “fatti”, senza andarci leggeri.

Poteva forse mancare un passaggio dedito alla promozione dell'dio religioso con la signora che insulta l'islam dicendo che lei li considera tutti terroristi e forse prova invidia verso la modalità con cui l'Isis sgozza chi osa dissentire dai leader religiosi?
Neppure è poi chiaro dove la signora avrebbe visto un imprecisato "gender fluid" mentre dice che in Italia non si deve poter mandare in onda ciò che non piacerebbe ai terroristi sulla base di quel benaltrismo che ormai è parte integrante della propaganda di estrema destra.

Dicendo che lei si sente ferita nelle sue ovaia da un lauro che ha omaggiato Mina durante il festival della canzone italiana, prosegue:

Ma, per concludere in bellezza, è necessario citare, insieme all’entrée ad effetto, anche la chiosa “a sorpresa”. Eh sì perché il nostro Lauro De Marinis si preoccupa di spiegare come mai tutte le volte si fa un gran parlare, ogni volta che assume sembianze femminili (ma…sicuro, sicuro..?). La motivazione è questa: «La mia risposta è semplice: perché la donna è l’estremo simbolo di libertà».
E così, con questa sfacciata captatio benevolentiae, dopo essersi aggiudicato ancora una volta, la sua fetta di pubblico femminile, De Marinis si tace e, probabilmente torna a studiare, il prossimo “provocatorio” travestimento, forse ignaro che, quando i limiti si sono oltrepassati davvero tutti, la trasgressione diventa banalità e non fa più notizia. A quel punto è necessario, davvero, tirare fuori il talento, se uno ce l’ha.

Ed esattamente, dove sarebbe la «blafemia» e la «propaganda gender» che loro denunciano nei loro manifesti?
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