DDL Zan. Il dossier del Senato sbugiarda tutte le bugie raccontate da Salvini, Meloni e Pillon


Un dossier del Senato sul ddl Zan ha sancito l'ovvio, ossia che Salvini, Meloni e Pillon hanno mentito agli italiani.
I giuristi del Senato hanno infatti dovuto buttare via tempo e denaro per inseguire le isteriche proteste dei populisti contro il disegno di legge, decretando che non esiste alcun «rilievo tecnico» e che «si conferma che il testo è scritto in modo preciso, che la libertà di espressione è tutelata e che identità di genere è concetto consolidato nell’ordinamento».

Era dunque falsa testimonianza quella che vide il leghista Andrea Ostellari pronto a definire la legge Zan come un testo «scritto male, liberticida, incostituzionale». Lo dicono i giuristi.
E se Pillon dice che alla sua amica Marina Terragni non piace che le persone trans possano essere protetti dai crimini d'odio, l’espressione “identità di genere” è usata da oltre un decennio, facendo la sua prima comparsa in un testo normativo legato alla Direttiva 2011/95/UE, nella quale lo ritengono motivo di ingiuste persecuzioni, soprattutto ove sia evidente un contrasto tra i dati anagrafici. L'Italia ha recepito quella direttiva con il D.Lgs. n. 18 del 2014.
Anche nel 2018 si è usata l'espressione "identità di genere" nell’ordinamento penitenziario, tramite la sentenza n. 221 del 2015 della Corte costituzionale in cui si sancisce che il «diritto all’identità di genere» è «elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona».

Con buona pace per Adinolfi e per le sue amiche di Arcilebica, viene spiegato che il testo non è "liberticida" perché «l’articolo 4, specifica che ai sensi del disegno di legge in esame, “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Né più e né meno di quanto espresso dall'articolo 21 della Costituzione.
3 commenti