Pillon vuole introdurre un fantomatico «diritto alle origini biologiche» che incentiverà gli aborti


Come prassi del populismo, il senatore leghista Simone Pillon ha cercato di mettere a frutto un fatto di cronaca che spopola sui giornali di gossip per tentare imporre agli italiani una rivisitazione in salsa leghista della famiglia. Dalla sua pagina Facebook, parla di una ragazza malata di tumore che cerca la madre biologica per tentare una cura, asserendo che lui ha la sua soluzione: un suo ddl che tutti gli altri gruppi parlamentari hanno bocciato.

Pillon vuole riesumare un suo progetto di legge del 2018 che introduce un fantomatico «diritto alle origini biologiche» che tenta di mettere accusa le donne che partoriscono anonimamente al posto di abortire. La sua tesi è che i genitori non siano le persone che crescono un bambino, ma i proprietari dello sperma e dell'utero in cui sono stati concepiti.
Lui sostiene che «risalire alle proprie radici è la tu­tela della vita privata, che comprende il di­ ritto a conoscere i dettagli della propria identità di essere umano, puntualizzando al­tresì che il diritto dell’individuo a conse­guire simili informazioni, che comprendono quelle necessarie all’identificazione della ge­nitura biologica, si qualifica come fonda­ mentale in virtù dell’influenza dalle stesse esercitata sul cammino di costruzione della personalità».
Esatto, il senatore leghista parrebbe coler sostiene che un bambino adottato non sarebbe in grado di costruirsi una personalità dato che lui parrebbe sostenere che carattere sarebbe di derivazione biologica.

Da qui la sua proposta. La premessa è che il maschio, una volta concluso il coito, sia dispensato da qualunque dovere e compito genitoriale. La donna, invece, dovrà portare a termine la gravidanza e potrà partorire anonimamente se intende dare in adozione il figlio. Si tratta di una misura scelta per disincentivare gli aborti da parte di donne che non vogliono crescere i bambini.
Ma è qui che interviene Pillon, perché lui non vuole che la storia si possa concludere lì. Chiede che il minore possa chiedere alla polizia di convocare la madre in un qualunque momento, con un giudice che le dovrà chiedere se vorrà revocare il suo anonimato. Se il minore non farà quella richiesta, la convocazione avverrà d'ufficio dopo 18 anni dal parto.
Insomma, la donna non potrà lasciarsi alle spella il parto in nessun caso, con Pillon che specifica che «il tribunale incarica delle indagini una squadra specializzata di polizia giudiziaria, scelta tra i corpi militari».
Inoltre si prevede che l'anonimato decadrà automaticamente qualora la donna «sia deceduta, o risulti incapace di esprimere la propria volontà, o sia irreperibile». Se ciò non accadesse, dopo 100 anni dal parto, i dati della donna saranno comunque resi pubblici anche se nessuno ne avrà fatto richiesta.

Se la donna vuole restare anonima, il ddl Pillon dice che «il figlio ha diritto di conoscerne l’identità dopo il decesso della stessa, la cui comunicazione avviene a cura del tribunale per i minorenni adito per l’istanza». Ma non andrà meglio ai genitori adottivi, dato che resteranno sotto attacco a vita dato che la madre biologica «conserva la facoltà di revocare l’anonimato in qualsiasi momento, con dichiarazione resa al medesimo tribunale o all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza». A quel punto al figlio verrà imposta la sua presenza di un'estranea che dice di essere sua madre, incuranti di come quelle ingerenze potrebbero in discussione tutte le dinamiche create con i genitori che l'hanno cresciuto.
La donna che non vorrà essere convocata dalla procura dopo 18 anni dal parto non avrà altra scelta che abortire. E i genitori adottivi faranno meglio a non adottare orfani italiani se non vorranno essere trattati come genitori affidatari. Tutto questo solo perché Pillon vuole sostenere che la biologia e la genetica contino molto più degli affetti come sostiene l'agenda integralista promossa dalle lobby religiose di estrema destra.
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