Il Giornale calpesta la memoria della Carrà per la sua campagna di propaganda omofoba


È dalle pagine de Il Giornale che tale Francesca Galici accusa imprecisati "loro" di aver "strumentalizzato in modo oltraggioso l'immagine" di Raffaella Carrà. Il tutto affrettandosi a strumentalizzarla contro quei diritti che la Carrà ha difeso sino al suo ultimo giorno di vita:



Affermando teorie che paiono basate più sulle sue fantasie da sovranista anti-gay che sui fatti, la signora Francesca Galici scrive:

Letteralmente a poche ore dalla sua morte, forse ne erano trascorse una manciata e non di più, qualche furbacchione ha avuto l'idea: cambiare il nome del ddl e trasformarlo in ddl Carrà. Così, a caso. I gay dicono che Raffaella è una loro icona, la Carrà non ne ha mai capito il motivo. "Sono diventata icona gay mio malgrado, non ho fatto nulla", diceva lei. Volevano intestarle il ddl Zan ma lei, negli ultimi anni, non è nemmeno intervenuta sul tema. Perché non è stata interpellata da viva sull'argomento? Perché aspettare che sia morta per usarla a tal fine?

Insomma, loro che usano i bambini che non sono affogati per invocare l'intervento di Salvini affinché faccia qualcosa per garantire che quei barconi affondino nel Mediterraneo, ma poi vengono ad accusare i gay di strumentalizzare chi ha difeso i loro diritti sin dal lottano 1978?

Iniziano anche a difendere quel loro Idro Montanelli che si vantava di aver stuprato ragazzine minorenni, sostenendo di sentirsi offesi da chi contrappone personaggi positivi ai loro idoli razzisti:

Era difficile, ma il candidato sindaco del Partito gay a Milano è riuscito anche a essere più fuori luogo, proponendo di sradicare il ricordo di Indro Montanelli dal parco che porta il suo nome per dedicarlo a Raffaella Carrà. Per quanto sia stata una grandissima showgirl, una straordinaria testimone dell'Italia migliore, il pretesto della sua morte per cavalcare la cancel culture è aberrante.
Poi c'è Vladimir Luxuria che, probabilmente sull'onda dell'emotività, ha prima pubblicato un selfie in camera ardente con la foto della Carrà e poi condiviso la foto della sua bara con sopra la bandiera rainbow. Agghiacciante.

Agghiacciante? Perché sarebbe agghiacciante portare un omaggio ad una persona amata? Ad essere realmente agghiacciante pare solo l'articolo della signora Francesca Galici! Povera Raffaella Carrà, non non ti meritavi le sue inaccettabili e feroci molestie!

Insistendo nella sue invettive, Il Giornale conclude:

La domanda resta sempre la stessa. Perché la comunità Lgbtq+ l'ha voluta etichettare come sua paladina? Raffaella Carrà cantava l'amore universale a tutto tondo, non quello omosessuale e anche se in queste settimane in tanti si sono sperticati ad analizzarne i testi, solo in "Luca" la Carrà ne fa esplicito riferimento. Poi, che le sue canzoni siano allegre e spensierate nella musica quanto profonde nei testi, se ci si ferma ad ascoltare, nessuno lo può negare. Ma Raffaella Carrà era una donna libera, che non ha mai voluto etichette. E non è certo perché indossava abiti di paillettes e cantava "com’è bello far l’amore da Trieste in giù" che può essere strumentalmente usata per sponsorizzare il ddl Zan, per lo più da morta. Servirebbe un po' più di dignità e rispetto in questo Paese. Almeno per i morti.

Certo, peccato che la Carrà abbia partecipato a svariati Pride, abbia rilasciato numerose interviste e sia stata insignita del premio "icona gay mondiale " Madrid. Ma forse la signora Francesca Galici non ne era a conoscenza, troppo impegnata a difendere i discorsi d'odio e a insultare le vittime di violenza. E proprio perché ci vorrebbe dignità per i morti che ci sarebbe da domandarsi se la la signora Francesca Galici non andrebbe segnalata al consiglio disciplinare dell'Ordine dei Giornalisti dato che simili articoli sono davvero inaccettabili.
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