Dopo 584 giorni, Patrick Zaki va a processo


Dopo 584 giorni di custodia cautelare, è iniziato il processo a Patrick Zaki. Decadute tutte le accuse di terrorismo, si è finalmente scoperto che dovrà rispondere all'accusa di «diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese».
Ad essere contestato è articolo scritto dallo studente dell’Università di Bologna nel 2019 in cui denunciava la persecuzione dei cristiani copti in Egitto. Per aver raccontato la verità, Zaki rischia da sei mesi a cinque anni di carcere.
L’attivista egiziano ha denunciato di essere stato vittima di torture in seguito al suo arresto. Ma il governo ha già cercato di screditarlo agli occhi della popolazione pubblicando sul giornale governativo Akhbar el-Yomtato alcuni articolo che accusano Zaki i essere «un attivista per i diritti umani e per i diritti delle persone gay e transgender», sostenendo che «questo fatto scioccante mette a tacere le voci che difendono Patrick e i tentativi di farlo apparire come simbolo degli oppressi».

«La vera colpa dello studente è quella di essere una persona libera che ha osato difendere i diritti umani –osserva l'onorevole Erasmo Palazzotto, presidente della commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni– Il suo processo si inserisce nel più ampio quadro di repressione operata nel quotidiano dal regime egiziano verso tutti coloro che, come Patrick, hanno un pensiero critico. Centinaia di persone che diventano, una a una, prigionieri delle carceri egiziane».
Palazzotto si è poi appellato alla ministra Lamorgese, augurandosi che «abbia già avviato il processo per il conferimento della cittadinanza italiana che permetterebbe al nostro paese di adire a tutti gli strumenti, anche del diritto internazionale, per tutelare i diritti di un nostro concittadino».
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