Anche Provita si mette a molestare Geremia, dicendo che i genitori dovrebbero vietare ai figli di poter essere trans


Dopo Mirko De Carli, anche Maria Rachele Ruiu si è scagliata contro Geremia dalle pagine dell'organizzazione forzanovista Provita Onlus. Incurante di quanto sia vergognoso vedere due adulti che inveiscono contro un minorenne starnazzando che a loro non sta bene possa ricevere rispetto dalle istituzioni scolastiche. Ovviamente usando il femminile per identificare un maschio in modo dar far risultare evidente che lei non ha alcun rispetto del 17enne, scrive:

Nata donna, si sente uomo: come accogliere la storia della studentessa del liceo scientifico Ulisse Dini di Pisa, che sta tenendo banco in questi giorni?

E se a deciderlo non può certo essere l'esponente di una lobby che campa sull'omotransfobia, la signora azzarda:

Ma troviamo necessario anche dire senza mezzi termini che usare il caso di “Geremia” per imporre “come regola” la carriera alias lede evidentemente il diritto suo e dei nostri figli di essere protetti e accompagnati: cercare di automatizzare un processo delicato e puntuale come quello di essere chiamato con il nome di elezione, infatti, non significa altro se non inseguire ideologie e politiche decisamente dannose, sulla pelle di questi ragazzi.

Insomma, lei dice che non umiliare i ragazzi trans sarebbe contro il loro interesse e assicura che il suo esigere che i figli degli altri siano discriminati sarebbe a vantaggio dei suoi figli. Poi inizia ad assolvere chi discrimina, sostenendo che realtà e pregiudizio meriterebbero pari dignità:

Ideologie e politiche che si palesano quando invece di lasciare spazio ad una discussione scientifica sana, anche di confronto serrato, si dividono le persone in “cattivi”, contrari alla carriera alias, e “buoni”, favorevoli. In questi giorni il liceo di questa ragazza è occupato e gli studenti hanno promesso che faranno classi di formazione per spiegare, appunto, la carriera alias.
Noi ci auguriamo che si trovi spazio per ricordare che la carriera alias, così come presentata, cioè standardizzata e attivata con la sola richiesta dello studente e della famiglia, e imposta a tutta la scuola, è in linea con le teorie affermative, figlie della famigerata teoria di genere che intende superare il binarismo sessuale maschile e femminile fino ad arrivare a più identità di genere fluide o creative.

Non avete letto male. La signora sostiene che la vita altrui sarebbe una «imposizione» a chi ha pieni diritti in quanto lei esige non possa esistere chi non possa essere da lei catalogato sulla base dei genitali che lei cercherà frugando nelle mutandine dei minorenni.
E non va meglio quando inizia a dire che le persone trans non andrebbero accettate perché lei si è inventata che poi vorranno conformarsi al suo binarismo ideologico:

Vogliamo soprattutto sottolineare che questo approccio “scientifico”, che vorrebbe confermare il sentito dei pazienti, si sta rivelando un grande esperimento fallito: i Paesi pionieri, infatti, lo stanno via via abbandonando, a causa dei numerosi ragazzi e ragazze che da adulti decidono di tornare indietro dalla transizione con numerose ferite, alcune delle quali indelebili.

Al solito, inizia a citare casi isolati difendo che il primo tizio che le darebbe ragione dovrebbe invalidare il parere scientifico di tutto il resto del mondo. Dice anche che una tale Keira Bell si sia pentita delle sue scelte e che dunque agli altri andrebbe impedita la sua libertà.
Ovviamente dice che a scuola andrebbe portata la loro testimonial transfobica in modo che la si possa usare contro il ragazzo che lei etichetta al femminile:

Speriamo che ci sia spazio per il dolore e le ferite aggiunte a ragazzi e ragazze già sofferenti, proprio come ha testimoniato sempre la Bell.

Non è stupefacente come citi sempre e solo un none dicendo che la sua ragazzetta rappresenterebbe «tanti» in una moltiplicazione miracolosa? Inizia così a dire che lei vuole si dica "no" all'identità dei propri figli:

E speriamo, infine, che questo esercizio di civiltà e scienza possa trovare posto anche nel dibattito pubblico e politico, quello degli adulti: è ora di lasciare il derby fuori la porta e occuparci e preoccuparci seriamente del benessere di bambini e ragazzi, anche e soprattutto quando significa dire “no”.

Quindi gli adulti dovrebbero poter scegliere di negare l'identità dei figli perché lo dice una tizia che parla al femminile dei ragazzi? Ed è un caso che quella signora sia amica del leghista che ha garantito impunità a chi delinque sulla base dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere delle loro vittime?
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