Il partito di Adinolfi paragona i bimbi ai cani e incolpa i gay per i diritti delle donne di scelta delle donne


Giucas Casella non ha mai detto di voler far abortire la sua cagnolina, ma ha solo ipotizzato che avrebbe potuto avere un aborto spontaneo. Quindi la signora Sara Reho, esponente del partito omofobo di Mario Adinolfi, sta calunniando il paragnosta mentre offre la sua falsa testimonianza. E non è certo una novità, dato che solamente ieri istigava alla discriminazione delle persone trans spergiurando la veridicità di pregiudizi già smentiti dalla scienza, quasi confidasse nell'ignoranza dei fondamentalisti a cui lei si rivolge.
Paragonando i bambini ai cani, si mette a dire che sarebbe «una cazzata» pensare che le donne abbiano un diritto di scelta quando Adinolfi vuole obbligarle a fare quello che dice lui:



È fantastico come la signora Reho dica che sarebbe «coraggioso» tutto ciò che è contro i diritti civili mentre gioca a fare l'Azzeccagarbugli nel suo ipotizzare che il volere popolare non conterebbe nulla. Ed è molto curioso come la signora spacci per "opinione" il suo pretendere leggi che vietano agli altri di poter prendere decisioni contro il suo volere. Lo fa con un linguaggio molto violento, in cui i pro-choise che difendono il diritto di scelta delle donne diventano «pro aborto» e «abortisti» in un vile tentativo di negare che il vero tema non è l'aborto in sé: la questione è che né lei, né Signorini hanno il diritto di sindacare le scelte altrui. Se Sara Reho è contro l'aborto, vorrà dire che terrà il figlio del suo stupratore se mai verrà violentata. Ma almeno la smetta di starnazzare che il suo pretendere che le altre donne non debbano poter scegliere come lei sarebbe una "opinione" e non un atto fascista.
A tutto ciò si aggiunge l'ipocrisia di un partito che da un lato vuole imporre figli alle donne che non li vogliono, dall'altro vuole impedire che una donna possa far volontariamente nascere figli per altre famiglie dicendo che quello sarebbe contro i diritti delle donne. Insomma, in tutti i casi la costante è la pretesa di imporre le loro scelte nelle vite altrui, magari ripetendo quelle loro solite quattro cazzate propagandistiche coniate dai neofascisti che lei ripete a pappagallo. Difendere la vita significa condannare l'odio e la discriminazione, non pretendere figli non amati a cui rovinare la vita una volta nati.

Tra i commenti, il diritto di scelta delle donne diventa colpa dei gay e di inprecisati "radical chich" in quel loro ripetere a pappagallo gli slogan salviniani:



Ed indovinate un po' di che è quel "mi piace"... Ma sì, ovvio! È proprio della signorina Sara Reho, la quale si congratula con i suoi proseliti che insultano i gay anche quando si parla di difendere il diritto di scelta delle donne.
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