Mario Adinolfi: «Io vittima di regime di apartheid»


Mario Adinolfi ha passato anni a dire che lui si sentiva vittima di una fantomatica «dittatura delle minoranze» che lo faceva sentire come gli ebrei nei campi di concentramento. Si diceva offeso da gay che osavano chiedere pari diritti quando a lui faceva piacere godere di privilegi che sosteneva fossero derivanti dalle sue scopate. Diceva anche che una maggioranza non deve mai occuparsi delle minoranze e, in molteplici occasioni, ha difeso chi licenziava dei lavoratori sulla base del loro orientamento sessuale o identità di genere o chi negava loro l'affitto.

Ora che ha deciso di non vaccinarsi e ha deliberatamente scelto di tramutare il suo corpo in un veicolo di trasmissione del virus, ripete da giorni che lui vuole potersene andare al bar ad infettare gli altri perché lui non è disposto ad assumersi le responsabilità delle sue scelte. Ed è così che grida al «regime di apartheid» autoproclamandosi re di quella «minoranza» no-vax che lui dice venga additata come «pericolosa» da imprecisati «potenti».
Ovviamente non sono i potenti ma la ragione a dirci che chi pretende di poter essere più contagioso degli altri sia un pericolo per gli altri, ma lui non crede di dover argomentare nulla dato che lui non esprimerebbe opinioni ma «spiega» quella che lui dice sia la verità divina di cui si professa detentore:



Insomma, voi dovreste essere disposti a lasciare che lui possa uccidere i vostri figli e i vostri nonni, ma lui avrebbe il diritto di impedire che due gay possano sposarsi perché in quel caso l'apartheid che lui impone agli altri diventerebbe legittima. Il tutto, peraltro, senza addentrarci sull'ovvio, ossia sulla differenza che passa fra due persone che si amano e che non fanno male a nessuno e un no-vax che pretende di piter far ammalare gli altri. O su come l'orientamento sessuale non sia una scelta al contrario del voler rinnegare la scienza e il bene comune.
Inoltre è facile spacciare ogni egoismo come "libertà". La frase di Adinolfi potrebbe tranquillamente essere declinata e parlare della povera minoranza pedofila che viene ingiustamente ritenuta pericolosa o sul diritto dei terroristi di potersene andare in piazza con delle cinture esplosive. Se uccidere e fare del male diventa un "diritto" di chi si pone come portatore di una cultura della morte, non esisterebbe alcun freno ai crimini di cui potrebbero macchiarsi certe persone.

Va anche detto che l'Apartheid faceva distinzione basate sul colore della pelle, non sulla pericolosità sociale deliberatamente scelta da chi vuole risultare più infettivo degli altri. Ed è una vergogna che a citarla sia un tale che ha passato settimane a inveire contro chi diceva che la vita di un nero valesse tanto quanto quella di un bianco.
Durante l'Apartheid, alcune persone erano discriminate ed erano costrette a vivere in condizioni di vita peggiori perché nate con un colore della pelle diverso: la loro pigmentazione era bastava per essere condannati a una vita di inferiorità. E durante il nazismo i gay venivano uccisi sulla base di teorie non dissimili da quelle sostenute da Adinolfi. Il voler paragonare tutto questo al suo non potersene andare al Mc Donalds' è oltraggioso e nega che oggi il criterio di distinzione avviene sulla base di una scelta (stupida) che taluni hanno liberamente esercitato: il peccato non è quindi originale, ma dovuto al libero arbitrio. E quindi non è Apartheid negare cappuccio e cornetto al bar per chi ha deliberayamente scelto di essere un pericolo sociale. E se lui può vaccinarsi quando vuole, le vittime di razzismo o di omofobia non possono cambiare la loro natura.
1 commento