I seguaci di Adinolfi vogliono sbatterci in carcere per aver ripubblicato la fotografia della loro manifestazione al Cuneo Pride


Mario Adinolfi parlava di «toglieteci la pelle» solamente ieri sera. Oggi i suoi seguaci dicono di volerci mandare in carcere per tre anni per aver ripubblicato l'immagine postata sui social dal loro leader in cui venivano ritratti i rappresentanti del suo partito che si erano presentati al Cuneo Pride proponendosi come "alternativa" alle migliaia di persone che erano scese in piazza per rivendicare pari diritti.

Il responsabile di un "gruppo di preghiera" di Cuneo sostiene che l'immagine fosse riservata alla sola campagna elettorale di Adinolfi e chiede venga censurata da chi ritiene inappropriato ed offensivo il loro gesto:

[...] il dottor Adinolfi ha pubblicato quella foto con mio esplicito permesso e il fatto che voi l'abbiate estrapolata dal suo profilo per usarla indiscriminatamente senza il mio permesso crea una violazione punita a norma di Legge.
La giurisprudenza italiana, infatti, dice che "chiunque pubblichi immagini altrui senza la dovuta autorizzazione per trarne profitto per sé o per altri, o per recare ad altri un danno, o creare un disturbo e fastidio all'interessato risponde ai sensi dell'articolo 167 D.Lgs n. 196/2003 del reato di trattamento illecito di dati, punito con la reclusione fino a 3 anni.

Chiaramente non è chiaro quale "profitto" o quale "disturbo" verrebbe arrecato dalla diffusione di un'immagine non accreditata che è stata pubblicata da un personaggio pubblico all'interno della sua campagna elettorale. Ed è peculiare che la legittima opposizione politica venga ritenuta fonte di fastidio.
Inoltre pare un po' strano che quella regola non dovrebbe valere quando è il suo Adinolfi a ruba la fotografia di tre singoli manifestanti del Pride al fine di accusare indistintamente tutti i gay d'Italia di presunta "blasfemia".
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