Provita Onlus va all'attacco della “carriera alias” tra gli infermieri


È dalla pagine della solita Provita Onlus che Giuliano Guzzo si è messo a sbraitare che a lui non sta bene che si possa mostrare rispetto verso gli infermieri transgender. Ed è così che lo troviamo a riprendere una sterile polemica creata dal giornale di Maurizio Belpietro (per cui lui lavora) contro chiunque non discrimini come Putin comanda:

Non bastavano i tanti corsi in salsa gender cui, ormai da tempo, viene sottoposto il personale medico, paramedico e sanitario in senso lato. No, bisognava andare ancora oltre. Per questo, grazie all’attivismo dei sindacati su tale versante – culminato nella messa a punto e, quindi, nella sottoscrizione di un nuovo accordo - il nuovo contratto nazionale degli infermieri introduce la «carriera alias». Lo ha riferito nei giorni scorsi il quotidiano La Verità, citando alla lettera il citato nuovo accordo che, come usa dire, parla chiaro, rispetto a tale nuova previsione.

E se non si capisce perché a loro non debba andare bene che un adulto possa farsi chiamare come più preferisce (dato che in questo caso manco avevano bambini da strumentalizzare), è sempre giurando che l'identità di genere none esisterebbe che il signor Guzzo afferma:

Esattamente come avviene o avverrà negli istituti scolastici dove questa discutibilissima novità – quella della «carriera alias» - è già prevista, e gli studenti che “si sentono” addosso un’identità diversa da quella percepita potranno vedere il loro nome inserito nel registro scolastico e in tutti i documenti legati alla didattica.
Inutile dire che le gravi conseguenze che la «carriera alias» può produrre sull’equilibrato sviluppo dei più giovani sono difficilmente eguagliabili. Tuttavia, non è che questa novità della «carriera alias» nel mondo infermieristico possa considerarsi in qualche modo neutra; al contrario, si tratta di qualcosa che produrrà purtroppo delle conseguenze. In primo luogo perché costituisce, di fatto, l’introduzione pratica di quella che, a livello legislativo, costituisce una previsione non ancora legge, vale a dire il ddl Zan.

Ovviamente non è vero. Il ddl Zan non c'entra nulla con la carriera alias e non si capisce quali fantomatiche "gravi conseguenze" lui veda nel rispetto verso le persone transgender all'interno di corsi di laurea. Inoltre il suo sostenere teorie pseudo-scientifiche discriminazioni come se fossero verità di fede pare violare il codice deontologico dei giornalisti, dato che il signorino dovrebbe spiegare quali fantomatici studi scientifici accreditati sosterrebbero la teoria che lui presenta come se fosse un dato di fatto.

Ed ancora, scrive:

la novità introdotta nel mondo infermieristico è grave perché – oltre a veicolare l’antropologia gender e i contenuti del ddl Zan, criticato da fior di giuristi – destabilizza tutto l’ambito professionale. Prova ne siano le parole, risalenti ad un paio di anni fa, di Kate Grimes ex trust chief executive del Nhs, il sistema sanitario inglese. La donna – difficile da tacciare di omofobia, in quanto lesbica – ebbe a denunciare come l’attivismo transgender sul sistema sanitario stesse «minacciando la nostra capacità di proteggere i pazienti. Soffoca la libertà di parola e crea una cultura della paura tra alcuni membri del personale».

Secondo copione, i signori di Provita Onlus prendono casi a caso e li spacciano come motivi per cui il bigotto medio dovrebbe aver paura del rispetto e proteggere ogni più perversa forma di discriminazione piaccia alle lobby finanziate da Mosca. E non va meglio quando Guzzo inizia a sostenere teorie che dovrebbero offendere i suoi lettori dato che chi gli propina certe teorie deve dubitare fortemente della loro intelligenza:

Sono parole che è difficile non considerare molto attuali e applicabili anche alla «carriera alias» introdotta tra gli infermieri italiani: se domani una infermiera collega, poniamo, di tale Giovanni, non se la sentisse di chiamarla Giovanna a fronte del fatto che il collega maschio si presenta tale e quale è sempre stato? Che le accadrà? Subirà un provvedimento disciplinare? Verrà isolata, marginalizzata, magari pure licenziata? Ovviamente, i fautori della «carriera alias» si guardano bene dal considerare simili situazioni che pure potrebbero verificarsi, come provano le considerazioni di Kate Grimes come quelle di chiunque rifletta sugli effetti di riforme a prima vista incoraggianti ma, di fatto, dense di implicazioni. E di implicazioni assai gravi, per giunta.

Considerando che la "carriera alias" può essere attivata solo dietro presentazione di documentazione medica e a transizione avviata., pare un po' strano che Guzzo dica che la gente cambierebbe identità e i poveri omofobi rischierebbero punizioni disciplinari se sbagliano nome. Ma il problema non è chi sbaglia il nome, ma chi vuole che il nome venga sbagliato per imposizione di legge come pretende il signor Guzzo.
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