Il pastore Luigi Carollo è tornato ad attaccare e irridere le donne trans


Il pastore evangelico Luigi Carollo appare ormai noioso nella sua incessante persecuzione delle persone trans. Dopo aver pregato insieme all'ex senatore Pillon affinché Dio dispensasse da ogni aggravante i delinquenti che commettono reati peni dettati dall'odio, oggi cerca di corrompere alla sua discriminazione i suoi proseliti scrivendo:



Ovviamente Carollo usa il maschile per identificare le donne trans, evidentemente intenzionato a sottolineare il suo odio verso interi gruppi sociali al fine di istigare i suoi proseliti a sentirsi legittimati a fare altrettanto. Inoltre, come è trisnoto, il pastore sostiene che si dovrebbero costringere le donne che non vogliono figli ad averli, mentre si dovrebbe vietare a chi vuole dare alla luce un figlio di poterlo fare se non è del sesso o dell'orientamento sessuale che piacciono al suo venerato Orban. E così si è messo a frugare tra i quotidiani di propaganda populista alla ricerca di un qualunque pretesto gli potesse permettere di ostentare il suo odio verso le persone lgbt.

La sua scelta è così caduta su un articolo di Martina Piumatti in cui si tenta di sostenere che il cambio di sesso sarebbe un business e che andrebbe impedito perché rende felici le persone. Non come il business dell'immigrazione che vede i leghisti impegnati a finanziare lager libici in cui le persone vengono torturate o vendute al mercato degli organi.

Con toni pruriginosi, la signora Piumatti scrive:

Dalla rinoplastica alle vene varicose, alla ricostruzione genitale. Alla St Medica di Bulevar Peka Dapčevića 21A, a Belgrado, si fa di tutto. Ma il business della clinica sono gli interventi di riassegnazione chirurgica del sesso, eseguiti dall’equipe del Belgrade Center for genital surgery, capitanata dal professor Miroslav Djordjevic. I pazienti che si sottopongono al cambio di sesso sono tra i 150 e i 200 all’anno. E arrivano un po’ da tutto il mondo. Ungheria, Qatar, Arabia Saudita, Bosnia, Francia, Sudafrica, Singapore, Russia, Iran, Stati Uniti, Australia. E Italia. Circa una ventina su i 60 italiani che annualmente, secondo il censimento della Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica), cambiano sesso si affidano al professor Djordjevic.
Ad attrarli sono le tecniche all’avanguardia, ma soprattutto i prezzi competitivi. Per la transizione chirurgica da uomo a donna si va, in base alla tecnica scelta, da un minimo di 13.400 a un massimo di 20 mila euro. Molto meno rispetto alla Spagna, dove si sfiorano i 30 mila euro, o agli Stati Uniti dove si arriva anche a 50 mila dollari.

Senza chiarire se il suo problema sia il fatto che gli interventi non siano riservati ad una ricca élite che dispone di ingenti somme di denaro, inizia a lamentarsi che lei teme che il cambio di sesso potrebbe non implicare la sterilizzazione dei pazienti:

Il dottor Mirosoav Djordjevic è convinto sia solo una questione di tempo. Tecnicamente, ci assicura, la sua equipe è pronta. L’obiettivo è creare un database mondiale di candidati transgender, in modo da incrociare i trapianti degli organi in base alla compatibilità, evitando di scartare quelli sani rimossi durante l’intervento. Ma se “il trapianto di utero e di ovaie sono già fattibili”, resta ancora da “sviluppare una terapia immunosopressiva adeguata” e da fissare dei “principi di carattere bioetico”. Poi, anche le donne trans potranno concepire e partorire un bambino.

E se è curioso che la destra abbia tempo di stracciarsi le vesti davanti ad ipotesi non realizzabili che loro dicono di temere potrebbero non comportare la sistematica sterilizzazione delle donne trans, curioso è come per loro tutto diventi pretesto per attaccare la vita e la dignità delle persone transessuali.
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